La rievocazione storica
Il celebre Carnevale di Ivrea rievoca alcuni episodi della ribellione del popolo contro il Marchese di Monferrato, guidata dalla figura della mugnaia, che portò alla distruzione del Castello. La battaglia delle arance è l’evento più noto e si tiene per tre giorni nelle principali piazze cittadine, ma l’evento si svolge per un periodo ben più lungo: dall’Epifania al Mercoledì delle Ceneri, con un cerimoniale che si è stratificato nel corso di varie epoche storiche. Il 6 gennaio esce per la prima volta una banda di pifferai e tamburini vestiti di rosso che girano per la città, suonando le pifferate. In piazza si tiene l’investitura del Generale, che riceve dall’interprete dell’edizione precedente la feluca e la sciabola. I Credendari (consiglieri) rendono omaggio al Podestà. Seguono la cerimonia del Sale e del Pane e il Corteo. Nel Duomo il Podestà dona al Vescovo il cero votivo per invocare la protezione della Madonna sulla città. L’evento si interrompe per riprendere la terzultima domenica prima di Carnevale. Questa domenica mattina è caratterizzata dalle Fagiolate: distribuzioni di fagioli ai poveri tipiche dell’epoca medievale, ad opera delle Confraternite.
Si tramanda che nel giorno dell’Assunta il feudatario concedesse al popolo l’uso gratuito del forno comune, offrendo una pentola di legumi e fagioli. Il popolo si ribellò all’elemosina, gettando i fagioli per le strade in segno di protesta. Oggi, quintali di fagioli bollono dal sabato sera, con salamelle e cotiche di maiale e sono poi distribuiti presso le Fagiolate di Bellavista e San Giovanni, in presenza del Generale, gli ufficiali dello Stato Maggiore, i Pifferi e Tamburi. Si procede quindi alla consegna al Sostituto Cancelliere, da parte del Gran Cancelliere (decano dei Notai cittadini), del Libro dei Verbali sui quali si prenderà nota di tutti gli eventi del Carnevale.
Segue la cerimonia della Prise du Drapeau in piazza di Città: l’Alfiere dello Stato Maggiore riceve una bandiera. Le Bandiere identificano le parrocchie cittadine e vengono portate dagli Alfieri che aprono la Marcia dello Storico Carnevale. Nel pomeriggio il Corteo si reca all’abitazione degli Abbà: dieci bambini, due per parrocchia, in ricchi costumi rinascimentali che rappresentano i priori delle cinque parrocchie di Ivrea (S.Grato, S.Maurizio, St.Ulderico, S.Lorenzo e S.Salvatore). Anticamente l’Abbà presiedeva la Badia, un’associazione che gestiva il tempo festivo tradizionale, e recava come insegna un pane conficcato su una picca, oggi sostituito da uno spadino con un’arancia sulla punta, a simboleggiare la testa mozzata del tiranno. Gli Abbà vengono alzati dal balcone dagli Aiutanti di Campo e salutati dal Generale e dalla folla al suono dei Pifferi e Tamburi. Il Sostituto legge il verbale e lo fa firmare all’Abbà, ai genitori, al Generale e ai testimoni.
La domenica successiva si tengono le Fagiolate di Montenavale, Cuj dij Vigne, Torre Balfredo e Ss. Pietro e Donato, che ricevono la visita del Generale, dello Stato Maggiore, di Pifferi e Tamburi. Sfilano quindi, per le vie del centro, i carri da getto, presentati in piazza del Rondolino. Ogni Carro, che sia una pariglia o un tiro a 4, prevede un Cavallante (il proprietario o l’affittuario del carro e dei cavalli) e un Capocarro che cura l’organizzazione e la gestione del carro e degli aranceri. A mezzogiorno avviene la cerimonia di Riappacificazione degli abitanti dei Rioni di S.Maurizio e del Borghetto sul Ponte Vecchio, che rievoca l’intervento delle donne dei due rioni che misero fine ai conflitti e per celebrare la pace confezionarono una bandiera tricolore con la croce sabauda, su cui spicca un corvo con in bocca un ramo d’ulivo. Successivamente il corteo, preceduto dall’Ufficiale addetto alle bandiere, raggiunge l’abitazione degli Abbà. Si ripetono la presentazione e la firma del verbale. Al termine sfila il Corteo Storico.
Il Giovedì Grasso il Sindaco trasferisce simbolicamente i poteri civili al Generale. La cittadinanza è invitata a indossare, nei giorni della Battaglia delle arance, il berretto frigio, un cappello rosso a forma di calza utilizzato dai rivoluzionari francesi, simbolo di adesione ideale alla rivolta e di aspirazione alla libertà. Il Corteo Storico sfila per la città e i bambini fanno festa in piazza Ottinetti. La fagiolata di Cuj d’via Palma ha inizio nel pomeriggio, dopo il passaggio del Generale. Il corteo storico si reca quindi in visita al Vescovo, mentre gli Abbà vanno dal Sindaco. Segue, nella Sala del Consiglio Comunale, l’investitura degli Oditori ed intendenti generali delle milizie e genti da guerra del Canavese. A questo Ordine era chiamato chi si era distinto nella vita di tutti i giorni e soprattutto in quella carnevalesca (nelle “carnacialesche cose e nelle cotidiane incombenze”). La sera, in piazza Ottinetti si tiene la festa in maschera organizzata dagli Amis ad Piassa d’la Granaja, con musiche e balli, mentre gli aranceri, raggruppati in squadre, festeggiano ognuno nella propria piazza (Mercenari ai Giardini pubblici, Credendari in p.zza Freguglia, Diavoli a Diavolandia, Pantere in p.zza Vicolo Cerai, Scacchi in via Palma, Morte ai giardini di corso Cavour, Picche in p.zza di Città).
Il venerdì, i Citoyens del la Ville d’Ivrée con una cena itinerante chiamano a raccolta i cittadini e gli amanti della festa per affermare lo spirito libertario della manifestazione, sottolineare il carattere popolare del Carnevale con la “presenza del popolo” non inquadrato in nessun “cerimoniale”, ribadire che la storia del Carnevale dura da almeno otto secoli.
Il sabato, dalla loggia del Palazzo Municipale si presentano alla cittadinanza la Vezzosa Mugnaia e la sua scorta d’Onore. Si tratta di uno dei momenti salienti del Carnevale: Violetta, figlia di un mugnaio, novella sposa di Toniotto, è simbolo della libertà conquistata dal popolo in rivolta contro il tiranno feudale. La leggenda tramanda che mise fine alle angherie e allo jus primae noctis del marchese Raineri di Biandrate mozzandogli la testa ed esponendola dagli spalti del castello. Il popolo allora si sollevò e distrusse il «Castellazzo». La Scorta d’onore della Mugnaia (Gruppo Storico Reggimento Primo Tricolore) indossa berretto nero fasciato in rosso, giubba e calzoni verdi, camicia rossa e scarpe coperte da ghette bianche. A seguire, il corteo storico sfila con la Mugnaia e le squadre di aranceri, mentre nelle piazze cittadine si tengono le feste degli aranceri.
La domenica mattina ancora diverse Fagiolate benefiche: Castellazzo (cui fanno visita la Mugnaia e il Generale), San Lorenzo, via Dora Baltea e San Bernardo. Si tiene, poi, uno dei momenti più simbolici di tutto il Carnevale: la Preda in Dora. Il Podestà si reca sui ruderi del Castellazzo e qui con la mazza (scure, quattrocentesca) stacca una pietra dalle rovine, recitando la formula “non permittam meo posse edifficium aliquod construi in loco et terreno in quo erat castrum sancti Mauricii et turres quondam Marchionis”: non sarà possibile che sorga in quel luogo un nuovo castello, in segno di rifiuto di ogni forma di tirannia. La pietra è gettata nella Dora dal Ponte Vecchio. Nel pomeriggio prende il via l’elemento più spettacolare del Carnevale: la Battaglia delle arance, metafora della lotta per la libertà. Alla Battaglia oggi prendono parte oltre 4000 tiratori a piedi suddivisi in nove squadre (Picche, Morte, Tuchini, Scacchi, Arduini, Pantere, Diavoli, Mercenari, Credendari) e oltre 50 carri trainati da cavalli (pariglie con a bordo 10 tiratori e tiri a 4 con a bordo 12 tiratori).
Chiunque può partecipare, iscrivendosi in una delle nove squadre a piedi o divenendo equipaggio di un carro da getto. Al termine sfila il corteo storico. Il lunedì i Citoyens innalzano l’albero della libertà, donato al Sindaco, che rimanda ai moti libertari del 1798, quando, insediatasi la nuova municipalità repubblicana, un albero fu adornato dello Stemma Glorioso dell’Unione Patriottica. Il Sostituto Gran Cancelliere legge il verbale della cerimonia, quindi gli ultimi sposi dell’anno di ogni Rione, la sposa con la pala e il marito con il piccone, iniziano simbolicamente lo scavo per il piantamento dello Scarlo, un palo rivestito di erica e ginepro, mentre tutti i presenti recitano in coro: “As pianta ‘l pic a l’uso antic”. Nel pomeriggio inizia la seconda giornata di Battaglia, con l’inquadramento dei carri da getto.
Al termine sfila il corteo storico. Il martedì grasso si combatte l’ultimo giorno di battaglia. Dopo l’inquadramento e la marcia del corteo storico, avviene la premiazione delle Squadre degli aranceri e dei carri da getto in piazza di Città. La sera viene dato fuoco agli Scarli. Gli Abbà appiccano il fuoco e la Mugnaia, in piedi sul cocchio dorato in piazza di Città, solleva la spada, simbolo del riscatto dal tiranno, finché la bandiera in cima non è completamente bruciata. Se le fiamme avvolgono in fretta il palo è segno di buon auspicio per l’anno da poco iniziato. Al termine della cerimonia il Generale scende da cavallo e dà avvio alla Marcia funebre: una triste pifferata accompagna il Funerale del Carnevale, mentre gli Ufficiali trascinano a terra le sciabole, unico rumore che risuona nel completo silenzio dei presenti. Arrivati in p.zza Ottinetti, come compenso del lavoro svolto dai Pifferi, il Generale versa al Primo Piffero il soldo, in ricordo di quando versava loro il soldo per la campagna, e pronuncia la frase: arvedse a giobia a‘n bot (ci rivediamo giovedì all’una), invito a ritrovarsi tutti insieme per il Carnevale successivo. Il Generale e lo Stato Maggiore si recano di corsa al Palazzo Municipale cantando la Canzone del Carnevale. Il mercoledì delle ceneri, primo giorno di Quaresima, a mezzogiorno, vengono distribuiti polenta e merluzzo in p.zza Lamarmora. Il Comitato della Croazia, guidato dal Bano della Croazia, con i contributi di cittadini ed enti, lo prepara nei locali di un antico forno e ne distribuisce alcune migliaia di razioni.
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