La rievocazione storica
A partire dagli anni Settanta fino al 2006, il Palio rievocava il matrimonio tra Anna Dovara e Filippino Gonzaga nel 1322. La scelta di questo avvenimento era dettata dal fatto che si potessero motivare le origini di Isola Dovarese e del suo nome, da un lato, e riflettere il passaggio ai Gonzaga, dall’altro, signoria alla quale di deve buona parte dell’impianto architettonico di Isola, in particolare la piazza. Come evidenziato da Elisabetta Chittò (2016), il passaggio di Isola dalla signoria dei Dovara, investita dai Consoli di Cremona il 18 febbraio 1191, alla signoria dei Gonzaga, deriva dal tentativo, da parte dei Dovara, di intessere legami politici e diplomatici per acquisire maggior peso politico a Cremona, a seguito della sconfitta politica di Buoso Dovara (di fede ghibellina) e la perdita di buona parte dei possedimenti nel cremonese. Come si vedrà nelle note storico-critiche di questa scheda, tuttavia, la discrepanza tra gli abiti delle contrade, maggiormente afferenti al Rinascimento, e l’epoca del matrimonio di Anna Dovara, unita all’esigenza della ricostruzione storica, rappresentata dal Premio Favete Linguis (istituito nel 2004), si decise di passare alla rievocazione della visita a Isola dei marchesi Ludovico Gonzaga e Barbara di Brandeburgo nel 1458, mentre scortavano la figlia Dorotea al matrimonio con Galeazzo Maria Sforza a Milano.
L’evento è significativo perché, come ha messo in evidenza Rosita Bellometti (2016), Isola si trovava all’epoca in uno stato di disordine, dato dai conflitti tra la famiglia dei Dovara e il resto degli isolani, creati dalle resistenze dei Dovara a vendere granaglie a buon prezzo agli isolani, come istituito dai patti del 1411 con i Gonzaga (Bellometti 2016: 29). La visita di Barbara di Brandeburgo aveva, appunto, lo scopo di ribadire la sudditanza dei Dovara nei confronti dei Gonzaga.
Al tempo stesso, l’evento permette un approfondimento del contesto sociale, politico ed economico di Isola nel Rinascimento, ovvero una porzione di terra al confine tra il mantovano dei Gonzaga, il territorio degli Sforza di Milano e quello della Repubblica di Venezia (nella provincia di Brescia), tra loro in guerra. La posizione di Isola Dovarese favoriva il contrabbando e il brigantaggio, come segnalato dalle prigioni e da alcuni trattati che citano la situazione che si creava all’interno delle taverne isolane.
Dal momento che la ricercatrice non ha potuto seguire dal vivo la rievocazione nella sua edizione 2022, come si preciserà nella nota metodologica, la descrizione della rievocazione segue quanto già redatto nella scheda EVE relativa al Palio per poi integrare con un video di Youtube di Daniele Pernigo, nel quale è visibile la modalità di spettacolo del venerdì sera e fa riferimento all’edizione 2018 del Palio (https://www.youtube.com/watch?v=S1IYPMpHZrM ). La rievocazione “fa riferimento alle fonti storiche che raccontano il convivio tenuto in onore della marchesa, in particolare il De honesta voluptade, di Bartolomeo Sacchi, detto il Platina” (EVE RSVG0230). Essa consiste in tre spettacoli serali, tutti all’interno di Piazza Matteotti e lungo le vie del centro storico. Il venerdì prevede l’apertura delle taverne quattrocentesche e del mercato a partire dalle 19, per poi cominciare con uno spettacolo che dà il via al Palio. In primo luogo, “i gonfaloni e le contrade sono benedette davanti alla chiesa di Isola Dovarese” (EVE RSVG023). Successivamente, il sindaco di Isola Dovarese, accompagnato da una bambina e una donna che recano, in un cuscino, le chiavi della città di Isola, incontra il podestà rinascimentale per la consegna delle chiavi di Isola davanti a un palco allestito per l’occasione in Piazza Matteotti, alla presenza di musici. A seguito della consegna delle chiavi, si ha la presentazione delle contrade mediante un testo introduttivo recitato da un presentatore professionista. Le presentazioni consistono nel sintetizzare le origini storiche delle contrade e associarle alle taverne di loro competenza. Le taverne di ciascuna contrada sono: la Taverna dell’Aquila d’Oro per la Contrada di San Giovanni, la Taverna della Tinca per la Contrada di Porta Tenca, la Taverna del Viandante per le Gerre e la Taverna dei Sette Peccati per la Contrada San Bernardino. Ciascuna presentazione è strutturata in modo che sfilino attorno al parco prima i gonfaloni delle contrade e, a seguire, il corteo storico, rappresentato dalle famiglie nobili delle contrade. Una volta che, sia i gonfaloni, sia le comparse si sono sistemate ai piedi del palco, comincia un piccolo spettacolo, a cura di uno dei gruppi coinvolti nel Palio. Nell’edizione 2018 (quella del video su Youtube), la Contrada di San Giovanni è accompagnata da uno spettacolo a cura degli sbandieratori di Isola Dovarese, la Contrada di Porta Tenca da un balletto rinascimentale a cura dei Tripundiates, la Contrada Le Gerre da uno spettacolo di tamburi a cura del gruppo musici e sbandieratori, mentre la Contrada di San Bernardino da uno spettacolo di fuoco e danze a cura dei Tripudiantes. Ogni cambio di contrada è segnalato dal rullo di tamburi. La serata si conclude con uno spettacolo di fuoco e di trampolieri a cura della Compagnia l’Improvvista.
Il sabato consiste in un convivio, animato da spettacolo, che dà il tema del Palio, unito all’apertura delle taverne alle 18. Come riportato nel sito del Parco Naturale dell’Oglio Sud, “La sera del sabato ha luogo il grande convivio, riservato alle persone di “alto lignaggio”, e una grande tavolata nella piazza che fa da cornice allo spettacolo realizzato per i Signori ospiti. La domenica inizia al mattino (apertura delle “Servitè di passaggio”, del mercato e delle taverne alle ore 10) con “Ludica Processio”, ovvero una caccia al tesoro, a squadre in costumi rinascimentali (premio finale 500 euro, un’attività fatta in alcune edizioni) che culmina nel momento più importante della manifestazione: lo svolgimento del palio (ore 17)” (http://www.ogliosud.it/com_dettaglio.php?id=19053). Inoltre, nel pomeriggio della domenica, “si ha il corteo storico che riproduce la creazione dello spettacolo in onore dei Gonzaga. Immediatamente a seguire, le quattro contrade si sfidano in tre gare diverse, ovvero: 1) la corsa con i trampoli, di velocità e a staffetta; 2) la corsa dei galli, incitati dalle popolane; 3) il màgher (letteralmente magro), “un gioco storico di Isola Dovarese che consiste nel colpire, con un ciottolo di fiume, una latta d’olio circolare di cinque litri o tòla, posta a 10 metri di distanza dalla linea di tiro, recuperandolo e tornando rapidamente sulla linea di tiro; un concorrente—denominato custode—deve riposizionare la tòla ogni volta che gli altri concorrenti la colpiscono. Il custode—per liberarsi e per poter anche lui tirare alla tòla—deve toccare uno dei concorrenti che non l’hanno colpita al proprio turno di tiro e prima che gli altri tiratori attivi la colpiscano a loro volta, nel qual caso è costretto a riposizionarla. Vince la contrada il cui concorrente totalizza il maggior numero di tòle” (palioisola.it)”” (EVE RSVG0230). La vincita del Palio permette anche alla contrada vincitrice di non pagare “la gabella per l’anno a venire” (http://www.ogliosud.it/com_dettaglio.php?id=19053).
Oltre alle sfide del Palio, si ha la premiazione della contrada che ha realizzato la migliore ricostruzione storica, tra ambienti, oggetti e pietanze delle taverne e personaggi all’interno sia delle taverne che del corteo storico, il cosiddetto Favetes Linguis. Il Palio si conclude, alla sera della domenica, con uno spettacolo di fuochi in piazza a cura dei Tripudiantes Dovarensis.
Area Geografica
Isola Dovarese, un Comune di 1,072 abitanti (dati istat riferiti a ottobre 2022; https://demo.istat.it/app/?i=CDQ&l=it ), è all’interno del Parco dell’Oglio Sud, il quale interessa le province di Cremona e Mantova. È un ente di diritto pubblico, istituito dalla Legge Regionale del 16 aprile 1988 numero 17 e gestito dalla Provincia di Cremona, nei Comuni di Ostiano, Volongo, Pessina Cremonese, Isola Dovarese, Piadena Drizzona, Calvatone, e dalla Provincia di Mantova, nei Comuni di Casalromano, Canneto sull'Oglio, Acquanegra sul Chiese, Bozzolo, Marcaria, San Martino dell'Argine, Gazzuolo, Commessaggio, Viadana, per una superficie di 12,722 ettari. Il Parco ha la funzione di promuovere uno sviluppo sostenibile del paesaggio fluviale, sia dal punto di vista naturale che da quello culturale, attraverso una serie di incentivi e contratti di gestione agli agricoltori, di programmi didattici con le scuole e di progettazione partecipata di eventi culturali da parte di associazioni locali (http://www.ogliosud.it/pagina.php?id=1 ). La zona di Isola Dovarese era caratterizzata dalla produzione agricola e dalla manifattura tessile, la quale costituiva la maggior fonte d’impiego per i suoi abitanti. Ora sono presenti aziende edili, imprese idrauliche, un mobilificio storico e, soprattutto, la ristorazione, essendo l’area interessata da una ciclabile che collega altri comuni legati al fiume Oglio e che promuove i prodotti enogastronomici del territorio (si veda nella sezione legata alla valorizzazione).
Isola Dovarese ha una duplice etimologia. Da un lato, Isola deriva dalla conformazione del borgo, un terrazzamento a forma di goccia proteso sulla golena del fiume Oglio, che circonda Isola per tre quarti, facendole, quindi, assumere un aspetto di “isola”. La posizione strategica, dominante sul guado e al contempo riparata dalle inondazioni, ha reso Isola un centro insediativo e di navigazione fluviale tra il Po e il Mare Adriatico. Il fiume costituisce una linea di confine naturale tra i comuni di Mantova e Cremona e, all’epoca dei fatti ricostruiti dal Palio di Isola Dovarese, tra Milano e la Repubblica di Venezia. Il nome “Dovarese” deriva dalla nobile famiglia Dovara, dalla quale prende spunto il Palio nella sua prima fase di esistenza come rievocazione storica. Alla fine del Trecento, Isola consisteva in una rocca, andata distrutta nel 1405 con una battaglia tra i Dovara e le truppe gonzaghesche, e in un borgo in prossimità di una chiesa. Nel 1414, i Dovara entrarono ufficialmente nell’orbita dei Gonzaga. Il Palio valorizza l’intero patrimonio storico-artistico, non necessariamente legato al periodo dei Dovara e dei Gonzaga, ripartito all’interno delle contrade, come si vedrà nella sezione anagrafica di questa scheda.
Sicuramente, il luogo maggiormente toccato dal Palio è Piazza Matteotti, dedicata a Giacomo Matteotti, ma che vanta una storia che affonda le radici nel periodo gonzaghesco. Tra il 1587 e il 1590, Giulio Cesare Gonzaga commissionò all’architetto Giulio Brunelli la costruzione della nuova piazza, la quale incornicia il voltone storico centrale con un lungo porticato. Questo portale ad arco probabilmente introduceva, in passato, alla rocca, ubicata dove ora è situato il palazzo delle scuole. Sul lato sinistro è ubicato il Palazzo Pretorio, ora sede del Comune, mentre su quello destro si trova il Palazzo della Guardia, ora sede del ristorante “La Crepa”. Le ampie dimensioni (40 per 80 metri) nonostante l’esiguità del borgo e della popolazione, unite alla conformazione stessa della piazza riprende la fortificazione militare romana di un tempo, pensata “come area di manovra per contrastare eventuali incursioni nemiche” (https://fondoambiente.it/luoghi/piazza-matteotti-isola-dovarese e https://www.in-lombardia.it/it/piazza-giacomo-matteotti e https://proloco-isola.org/la-piazza/).
Descrizione del percorso
La maggior parte degli eventi avvengono in Piazza Matteotti, ad eccezione della taverna della Contrada San Bernardino, maggiormente decentrata rispetto alle altre, che hanno tutte uno sbocco sulla piazza.
Notizie storico-critiche
Il Palio partì, alla fine degli anni Sessanta, su iniziativa della Proloco. Uno dei suoi membri, Giacomo Spedini, volle proporre una manifestazione con giochi popolari sul modello di “Giochi senza Frontiere”. La nuova festa di paese doveva fungere da aggregante sociale in un contesto già fortemente influenzato dal fenomeno migratorio verso Milano. Il Palio doveva, quindi, essere per il paese e aggiungersi alla tradizionale Fiera di Santa Caterina a novembre (ora non molto partecipata; intervista a Milena Fantini da parte di Mario Baratti nel novembre 2015; in Meda 2016: 58). I membri della Proloco appoggiarono l’idea di Spedini e cominciarono a costituire le contrade. Queste ultime rappresentavano la ripartizione territoriale di Isola all’interno della piazza e fuori da essa, lungo l’Oglio. Ad eccezione delle Gerre, ciascuna contrada venne identificata dalla presenza di una chiesa o di un edificio storico, così come da un colore legato alle caratteristiche del territorio di contrada (si veda la sezione anagrafica; intervista a Maria Luisa Paladini da parte di Mario Baratti nel settembre 2015; in Meda 2016: 50).
I costumi delle prime edizioni del Palio (la prima vi fu nel 1967) facevano riferimento agli abiti popolani locali dell’Ottocento (intervista a Laura Berettera da parte di Mario Baratti nel settembre 2015; in Meda 2016: 46), ma anche di altre regioni italiane. Nel 1969, con la trasmissione televisiva “I Promessi Sposi”, la Contrada San Giuseppe decise di realizzare abiti “manzoniani” con acconciature femminili in ferro e calza, per poi essere adottati dalle altre contrade (cfr. intervista a Luciano Sassi da parte di e a Giannina Doro da parte di Mario Baratti nel novembre 2015; in Meda 2016: 60, 67).
A livello di giuria e di corteo, le prime edizioni del Palio prevedevano la presenza dei responsabili delle contrade come giuria dei giochi di piazza, mentre il corteo prevedeva una struttura specifica. Le contrade perdenti l’anno precedente raggiungevano, in corteo, quella vincente, che si poneva alla testa del corteo per poi entrare in Piazza. All’epoca, la Contrada di San Giuseppe introdusse per prima la cena di contrada, per poi ampliarla alla partecipazione delle altre contrade, le quali, poi, la adottarono nella propria (intervista a Maria Luisa Paladini da parte di Mario Baratti nel settembre 2015; in Meda 2016: 69).
Negli anni Settanta, si decise di introdurre il tema storico di Anna Dovara mentre le contrade avevano cominciato a confezionare abiti d’ispirazione rinascimentale in velluto. Questa scelta, tuttavia, era in contraddizione con la datazione più antica del matrimonio di Anna Dovara (1322) e con la scenografia (intervista a Mario Brignani da parte di Mario Baratti nel settembre 2015; in Meda 2016: 53). In quegli anni, gli isolani presero ispirazione dal Palio di Siena, introducendo gli sbandieratori, i quali, tuttavia, assunsero una veste maggiormente standardizzata a seguito di contatti di alcuni sbandieratori isolani con quelli del Palio di Ferrara alla fine degli anni Settanta (intervista a Luciano Sassi da parte di Rossella Zelioli nel novembre 2015; in Meda 2016: 68-69).
Nel 1994, si decise di organizzare un convivio, ovvero una cena a tema rinascimentale, il sabato sera. Nel 2006, si cambiò l’ambientazione storica, focalizzandosi sulla visita di Ludovico Gonzaga e Barbara di Brandeburgo (1458). A questa decisione si aggiunse l’idea di affiancare un corso di danze rinascimentali per allestire lo spettacolo del sabato sera, su ispirazione di feste simili (ad esempio, quella di Brisighella; intervista a Mario Brignani da parte di Mario Baratti nel settembre 2015; in Meda 2016: 53).
Nel 1993, Beppe Monai arrivò a Isola per fare un corso di teatro della commedia dell’arte e di tecniche giullaresche all’interno di un gruppo di circa venti componenti, anche provenienti da fuori. Monai suggerì di estendere il Palio (fino ad allora di un giorno solo) a tre giorni e di introdurre le taverne di contrada, le quali, nelle intenzioni di Monai, avrebbero dovuto essere anche luoghi di teatralità, oltre che di ristoro. Nel 1994, quando Monai assunse la regia del Palio, vennero invitati gruppi teatrali e musicali di sua conoscenza che contribuirono a fare pubblicità al Palio all’esterno di Isola Dovarese (intervista a Mario Brignani da parte di Mario Baratti nel settembre 2015; in Meda 2016: 54-56). Sempre in quegli anni, venne coniata la moneta del Palio, prima il fiorino e poi, alla fine degli anni Novanta, il quattrino (intervista a Mario Brignani da parte di Mario Baratti nel settembre 2015; in Meda 2016: 56). Nel 1997-98 Monai cominciò a farsi affiancare da altre persone nella regia (Pierangelo Summa e Paola Alifrandi), fino al cambio di regia a Paola Alifrandi tra il 2002 e il 2010. Nel 2004, si istituì il Favete Linguis per premiare la miglior ricostruzione scenica delle taverne e, quindi, incentivare il lavoro delle contrade.
Bibliografia
Juri Meda (a cura di), "Di quattro colori...Storia del Palio delle Contrade di Isola Dovarese in occasione della cinquantesima edizione (1967-2016)", Montichiari, Vepica, 2016.
Elisa Chittò, "Isola Dovarese al tempo di Anna Dovara e Filippino Gonzaga”, in Juri Meda (a cura di) "Di quattro colori...Storia del Palio delle Contrade di Isola Dovarese in occasione della cinquantesima edizione (1967-2016)", Montichiari, Vepica, 2016.
Rosita Bellometti, "Isola Dovarese al tempo di Ludovico Gonzaga e Barbara di Brandeburgo", in Juri Meda (a cura di) "Di quattro colori...Storia del Palio delle Contrade di Isola Dovarese in occasione della cinquantesima edizione (1967-2016)", Montichiari, Vepica, 2016.
Oggetti significativi
Come messo in evidenza da alcuni membri della Contrada San Giuseppe, i costumi coincidono con il patrimonio della contrada e testimoniano la tradizione isolana per la sartoria, soprattutto tra le generazioni più anziane. Ogni contrada ha il suo magazzino all’interno del quale custodisce i costumi per documentare l’evoluzione delle varie edizioni del Palio. La tradizione di sartoria è spesso di tipo familiare, tale per cui l’abitazione privata delle sarte di contrada ha spesso coinciso con i luoghi di conservazione degli abiti e con le sedi delle contrade. In alcuni casi, ci si è limitati alla conservazione di uno o due abiti delle edizioni passate per mantenere la memoria della contrada, in altri si sono mantenuti più costumi. I costumi legati alla prima fase del Palio non sono più utilizzati, in quanto non rispondenti con l’epoca storica selezionata. Il ricambio di costumi è ridotto a causa dello scarso numero di sarte presenti in ogni contrada. Il fatto che la sede della Proloco sia insufficiente per la conservazione degli abiti storici, così come l’indisponibilità di una sede adatta e in linea con il periodo storico fa sì che il patrimonio materiale del Palio risulti parcellizzato nelle singole contrade, le quali, a loro volta, combattono con spazi ridotti e con la difficoltà di dover sostenere un affitto senza sostegni economici, e all’interno dei singoli nuclei familiari. La stessa frammentazione caratterizza il patrimonio fotografico delle contrade e della Proloco. Come ha dichiarato Juri Meda nel corso di un’intervista, le case degli isolani sono ricche di memorabilia legati al Palio, come, per esempio, foto, video, giochi, costumi, ecc. Si può quindi dire che le case delle sarte “storiche” delle contrade riflettono e amplificano le pratiche collezionistiche isolane legate al Palio.
Con l’introduzione del Favete Linguis, è stato complesso adattare le necessità delle contrade in materia costumistica alle richieste e valutazioni della giuria. Da un lato, si è cercato di mediare i costi di produzione dei costumi storici con materiale maggiormente reperibile. Ad esempio, come dichiarato da un membro di Porta Tenca, i damaschi e i velluti in stile quattrocentesco sono difficili da trovare, al punto che alcuni membri di Porta Tenca andarono a Novagli, in Liguria, per commissionare i broccati, quegli stessi broccati utilizzati per il Palio di Siena. Tuttavia, la metratura accessibile alle sarte di Porta Tenca da un punto di vista economico (dato che questa tipologia di broccati è molto costosa) non era sufficiente per la realizzazione degli abiti.
Aspetti immateriali
Il Palio fa parte di una serie di manifestazioni, sia introdotte recentemente, sia di consolidata tradizione, spesso organizzati dalla Proloco locale. Subito dopo il Palio, a novembre e a ridosso del giorno di Santa Caterina, si celebra la Fiera di Santa Caterina, una fiera di paese che ha lo scopo di riscoprire la storia comunitaria. Le altre due manifestazioni sono di più recente acquisizione, ovvero il “Carnevale del Quinto Quarto” (esistente fin dal 1999), coincidente con l’ultimo fine settimana di Carnevale, e che prevede visite guidate e ricostruzioni di ambienti e antichi mestieri, con pasti a base di carne di maiale, all’interno dell’EcomuseoIsola, la cascina “Concessione”, interamente allestita come un’abitazione contadina del XIX secolo. Il primo sabato di giugno, invece, la Proloco, in collaborazione con il Parco Naturale Oglio Sud, è attiva nella Festa del Luartis, ovvero il germoglio del luppolo, utilizzato nelle ricette locali (http://www.ogliosud.it/com_dettaglio.php?id=19053 ).
La storia orale sul Palio, tramandata dalle generazioni di isolani, è stata oggetto di ricerca da parte di storici locali e si è intersecata con le attività più ampie di un laboratorio di storia orale, nato nel 2001 ed esistito fino al 2010, che era inserito all’interno del corso di perfezionamento sulle teorie e tecniche della storia orale portato avanti da alcuni storici locali isolani e dall’Università di Parma. Il laboratorio ha pubblicato una serie di saggi sulla resistenza condotta lungo il fiume Oglio, così come sui saperi locali legati alle piante medicali.
La rivista semestrale della Proloco, “L’Isolano” (fondata negli anni Settanta), ha pubblicato una serie di interventi del laboratorio, come, per esempio, uno studio sulle grida dei commercianti per attirare i clienti, a partire dagli anni Duemila. Come parte del corso, inoltre, alcuni studenti intervistarono gli isolani per indagare le memorie legate al Palio, ma queste interviste non furono mai sistematizzate e raccolte in modo organico. Sicuramente, tuttavia, queste raccolte di testimonianze hanno rappresentato un modo per spronare la Proloco di Isola a promuovere uno studio scientifico del Palio. Nel 2014, un ex partecipante del laboratorio e professore in storia all’Università di Macerata, l’isolano Juri Meda, venne incaricato di realizzare una pubblicazione sulla memoria del Palio in occasione del cinquantesimo anniversario di fondazione del Palio stesso (Meda 2016). Si diede perciò avvio a un pool di ricerca, costituito da specialisti che avevano anche partecipato alle varie edizioni del Palio, come Elisa Chittò e Rosita Bellometti. Al contempo, si incrociarono i dati presenti nella Proloco, nelle case private degli isolani e nell’Archivio Comunale, permettendo, così, di delineare la cronistoria del Palio.
È stato soprattutto nelle case private degli isolani che si è verificato come fosse in atto una trasmissione di una certa narrativa del Palio. Da un lato, gli isolani hanno custodito le varie circolari e volantini prodotti dalle contrade avversarie, alimentando, così, uno stile faceto e farzesco che manteneva viva la competizione tra contrade. Dall’altro, il Palio è stato oggetto di narrazione sia nelle varie copie della rivista “L’Isolano”, sia nei carteggi tra privati e cittadini.
Criticità
I fattori di rischio per la continuità del Palio sono molteplici e legati strettamente alla condizione economica, demografica e culturale di Isola Dovarese, come si è descritto nella sezione della scheda legata alla comunità, quando la generazione che va dai sessant’anni in poi scomparirà, la patrimonializzazione del Palio all’interno dei singoli nuclei familiari sarà esposta a grossi rischi, come la distruzione o vendita di vestiti e altri memorabilia, secondo Juri Meda. Vi sarebbe quindi un’urgenza di preservazione di questa memoria e, quindi, di fondazione di un museo del Palio. Tuttavia, questa necessità museale si scontra con l’assenza di un’offerta turistico-culturale al di fuori dei giorni del Palio o in casi particolari e selezionati, come la fruizione del parco naturale e della pista ciclabile.
Vi è anche una difficoltà di coordinamento del Palio che si è venuta a creare quando la Proloco ha assunto maggior potere gestionale degli spettacoli di piazza negli anni Novanta. Questa articolazione maggiore degli eventi performativi ha spinto le contrade a rendersi ulteriormente indipendenti dalla Proloco, rivendicando, quindi, la propria identità ma al prezzo di trasformare la macchina Palio in un organismo complesso e frammentario, nel cui spazio si muovono contemporaneamente il Comune, la Proloco e le contrade. A livello giuridico, inoltre, le contrade non fanno parte del terzo settore come la Proloco, per cui non hanno accesso ad agevolazioni in termini, per esempio, di strutture, trovandosi così costrette ad affittare gli spazi associativi da privati. La precarietà delle contrade è ulteriormente esacerbata nel caso dell’Improvvista, costituita prevalentemente da non isolani e, in più con esigenze performative difficilmente accomodabili in un paese con poche infrastrutture.
La mancanza di membri attivi all’interno delle contrade porta quest’ultime a rivolgersi all’esterno, accettando volontari e lavoratori a pagamento nei Comuni e province limitrofe, impiegati principalmente all’interno delle taverne. L’idea sarebbe di estendere l’apertura delle contrade anche ad attività prettamente isolane come la sartoria, in particolare in contrade con un numero insufficiente di sarte come la Contrada San Bernardino. Come si è già visto, ogni contrada ha delle sarte specializzate; tuttavia, il loro numero ridotto e la quantità elevata di costumi da riparare o creare, così come le richieste sempre più esigenti da parte della giuria del Favete Linguis, sono tutti elementi che fanno sì che ciascuna contrada abbia bisogno di dotarsi di nuove sarte che possano dare una mano a quelle già esistenti in contrada. Ad esempio, la Contrada San Bernardino ha ora all’attivo una sola sarta, la quale non può quindi garantire i flussi di lavoro precedenti, quando la contrada confezionava almeno una coppia nuova di costumi all’anno.
Il Covid ha ulteriormente peggiorato la situazione. Per quanto il Palio abbia ricevuto un fondo europeo per la ripresa delle attività culturali in periodo pandemico, questi fondi non sono ancora stati erogati. L’ulteriore taglio economico dato dalla mancanza di un pubblico pagante ha reso le condizioni gestionali delle singole contrade difficili.
Misure di valorizzazione
Le attività di valorizzazione principali coincidono con la realizzazione di mostre temporanee, come già esplorato nella sezione dedicata ai beni materiali. Se ne riassumono qui alcune: 1) la mostra “Terra dei Gonzaga” (1996); 2) la mostra sullo stendardo del Palio a Palazzo Quaranta (2002); 3) la mostra di Angelo Bartolini “Figure et figuri de lo Palio de Isola Dovarese” (2002); 4) la mostra “Gian Fernöf e gli Zanni della Commedia dell’Arte raccontano la storia di Isola Dovarese” (2007); 5) la mostra “Quando Isola Dovarese si veste… Il laboratorio di sartoria storica e teatrale si racconta” al Teatro dell’Oratorio (si veda EVE RSVG0230). La Contrada San Giuseppe ha anche realizzato una mostra, nel 2010 e in collaborazione con Juri Meda e Giancorrado Barozzi, sulle biciclette di legno utilizzate per una competizione all’inizio del XX in occasione della Fiera di San Giuseppe (dette draisine). Alle mostre, si aggiungono le iniziative portate avanti dai singoli gruppi che compongono il Palio.
Le Contrade di Isola Dovarese hanno presenziato alla mostra sui costumi delle rievocazioni storiche italiane tenutasi all’EUR nel 2019. Vi è stata anche la loro partecipazione all’interno di una conferenza sulla rievocazione della Battaglia della Bicocca presso l’Università Milano-Bicocca. Nel caso dei Tripundiates, attività simili di valorizzazione sono consolidate. Per esempio, i Tripundiates collaborano con l’Ufficio Turistico di Cremona, realizzando balli storici che intervallano le visite guidate a siti culturali della città. I Tripundiates eseguono anche lavori su commissione, sia per allestire eventi a tema rinascimentale, sia in rappresentanza del Palio, come, per esempio, nel Giro d’Italia a Imola Isola. I Tripundiates partecipano anche a concorsi di danza rinascimentale, come quello della Contrada San Giacomo di Ferrara.
All’interno delle pratiche di valorizzazione, è da segnalare come il Palio di Isola Dovarese sia inserito all’interno delle attrattive del turismo ciclistico che interessa il fiume Oglio, un tipo di proposta turistica che intreccia l’enogastronomia, alla visita di luoghi naturali e culturali. Quest’offerta turistica, a cura dell’Unione Lombarda “Terre di Pievi e di Castelli”, di cui Isola Dovarese fa parte, è stata inoltre associata al Giro d’Italia, essendo i luoghi intorno all’Oglio tappe della corsa ciclistica (https://ogliochiese.it/wp-content/uploads/2021/05/Oglio-Chiese-2021-Light.pdf).
Misure di salvaguardia
Il caso del Palio di Isola Dovarese mostra delle forti limitazioni per quanto riguarda le attività di salvaguardia. Da un lato, vi sono piccole aziende locali che sponsorizzano il Palio ma che non sono sufficienti a colmare le ingenti spese per la realizzazione del Palio. Dall’altro, l’indipendenza delle contrade rispetto alla gestione e alla richiesta di fondi da parte della Proloco non permette l’organizzazione di un piano comune di finanziamento e salvaguardia. Il Comune, inoltre, finanzia la Proloco nella misura in cui si attuano attività storico-culturali legate al Palio, ma sta interamente alla Proloco l’onere di trovare forme di finanziamento. Altra circostanza in cui il Comune è intervenuto per sostenere le contrade è stata l’ottenimento di un fondo europeo per la ripresa delle attività culturali a seguito della pandemia (fondi che non sono ancora stati erogati). La regione Lombardia, inoltre, non prevede una legge regionale specifica in materia di rievocazioni storiche, né esistono consorzi interregionali legati alle rievocazioni storiche.
La maggior fonte di sostentamento è rappresentata dall’autofinanziamento, in particolare gli ingressi alla manifestazione per la Proloco e le taverne per le contrade. Se si analizza il contesto più ampio delle attività di salvaguardia del territorio di Isola Dovarese, si può constatare come siano in atto meccanismi amministrativi che dovrebbero portare al supporto delle realtà locali, come l’Unione “Terre di Pievi e di Castelli”, alla quale Isola ha aderito nel 2014. Tuttavia, si tratta di attività di salvaguardia non direttamente collegate alla rievocazione.
Protagonisti
Come dichiarato da Juri Meda, l’arrivo di Monai a Isola, la crescente spettacolarizzazione del Palio e filogicità nella ricostruzione storica hanno rappresentato un momento di cesura per tutti quegli isolani che vedevano nei giochi popolari un modo per creare socialità all’interno del paese, non vedendo di buon occhio una regia esterna che entrasse nel merito sul tipo di attività del Palio. In qualche modo, le modifiche introdotte da Monai comportarono una progressiva parcellizzazione tra Proloco e contrade, prima in relazione organica tra loro. Le contrade, infatti, si sono costituite in associazioni autonome nel 2017 per dirimere le rivalità tra loro esistenti (per quanto costruttive e stimolanti l’iniziativa e la creatività delle contrade) e potersi autogestire.
Il Palio, inoltre, sta conoscendo un momento di crisi come riflesso del declino più generale di Isola Dovarese. Il numero di abitanti di quest’ultima, infatti, è sceso drasticamente a causa del fallimento delle industrie legate alla tintura. La presenza di case abbandonate a Isola è un problema evidente. Molti isolani si sono trasferiti in altre zone della Lombardia, specialmente per chi è compreso tra i trenta/quaranta e cinquant’anni, creando così una partecipazione al Palio intermittente, coincidente unicamente per i giorni del Palio, e, quindi, interrompendo la catena di trasmissione della memoria. I pochi bambini e giovani rimasti sono, al contempo, limitati nel loro possibile contributo al Palio e alla sua memorializzazione, dal momento che non vi è un presidio scolastico stabile: le uniche scuole rimaste sono le elementari, le quali saranno presto trasferite a Piadena. Questo impedisce le giovani generazioni a essere presenti a Isola e a contribuire in modo costante al Palio. Al contempo, i giovani laureati non riescono a trovare una collocazione nella loro città natale, dal momento che persino molti servizi essenziali (come la banca) sono ormai chiusi. Nonostante le numerose difficoltà, il Palio viene tutt’ora considerato un modo per gli isolani, specie se vivono al di fuori di Isola, di fare ritorno al proprio nucleo familiare nei giorni del Palio, come dichiarato da Juri Meda.
Apprendimento e trasmissione
Inizialmente, la storia e la tradizione del Palio venivano trasmesse alle generazioni più giovani con i laboratori didattici all’interno delle scuole e della parrocchia del paese. Ora, questo tipo di trasmissione non è più supportata, anche a causa del trasferimento di buona parte delle scuole a Piadena, sede del plesso scolastico. La Proloco sta cercando di partecipare a bandi, insieme al Comune, per far ripartire laboratori analoghi in futuro. La trasmissione della memoria legata al Palio è quindi quasi interamente a carico delle contrade, le quali fronteggiano non poche difficoltà. Da un lato, la tradizionale pratica sartoriale all’interno dei gruppi familiari è stata potenziata e, in un certo senso modificata dalla frequentazione di laboratori di sartoria storica da parte di Paola Fabbri, a seguito della decisione di istituire il Premio Favete Linguis. Questo ha determinato una crescente fatica, da parte delle contrade, nel confezionamento dei costumi. Dall’altro, l’interesse dei giovani di partecipare al Palio è condizionato anche dal livello di coinvolgimento dei genitori, ovvero la fascia anagrafica che va dai quaranta ai cinquant’anni, i quali hanno rappresentato la prima generazione di isolani che si sono allontanati da Isola per lavoro (a causa della drastica diminuzione delle possibilità di impiego) e quindi partecipano al Palio soltanto nelle tre giornate di settembre senza prendere più parte alle attività della contrada. Le generazioni più giovani, in questo caso, spesso vengono coinvolte nel Palio per periodi intermittenti e discontinui. Vi sono anche alcune contrade, come San Bernardino, che hanno avuto un calo drastico del numero di bambini in contrada. Nel caso la famiglia risieda a Isola, si cerca di attivare una serie di attività pratiche, dalla sartoria, alla realizzazione delle impalcature per le taverne. La sartoria (come in altre rievocazioni) rimane comunque un’attività ristretta alle generazioni già attive in queste pratiche ed è difficilmente trasmissibile alle generazioni più giovani a causa della complessità. All’interno di questa trasmissione di saperi pratici si intreccia anche la memoria storica, in particolare le biografie dei costumi e la loro rilevanza assunta durante la storia del Palio.
Metodo Ricerca
La scheda è stata compilata attraverso una serie di interviste, formali e informali, che seguivano il canovaccio di interviste “tipologiche” fornite in precedenza ai rievocatori (si veda l’appendice alla relazione di accompagnamento alle schede). La ricercatrice non ha potuto seguire dal vivo il Palio nella sua edizione 2022, a causa sia della consegna del suo progetto Marie Curie, sia per l’accavallarsi con la rievocazione “Dama Vivente” a Castelvetro di Modena, un’altra rievocazione che la ricercatrice aveva selezionato per l’approfondimento con la scheda ICH. La ricercatrice si è quindi avvalsa prevalentemente delle interviste, così come di materiale multimediale (come video o siti internet), e del testo di Juri Meda (2016), già utilizzato, seppur in forma più ridotta e sintetica, per la scheda EVE. Il testo, infatti, presenta una cronostoria degli avvenimenti del Palio dalla sua fondazione fino al 2015 rinvenibile nelle diverse interviste di storia orale raccolte e pubblicate nel volume. Le interviste condotte dalla ricercatrice, inoltre, sono risultati conformi a quanto già scritto nella pubblicazione. Nell’ordine, sono stati intervistati: membri chiave delle quattro contrade, un membro dei Tripudiantes e un membro della Compagnia l’Improvvista, e un’intervista a Juri Meda, unita da una breve telefonata con il sindaco di Isola Dovarese. Le tempistiche di realizzazione delle interviste si sono protratte rispetto alle scadenze ministeriali a causa dei numerosi impegni degli intervistati e la difficoltà di conciliarli con i tempi di un’intervista qualitativa. Una bozza della scheda è stata poi condivisa con quanti hanno dato la loro disponibilità per le interviste, sia come forma di revisione per eventuali sviste o integrazioni rispetto a quanto scritto dalla ricercatrice. A causa delle rivalità tra contrade, la ricercatrice ha preferito non menzionare i nomi degli intervistati.
Organizzatori
Proloco:
La Proloco rappresenta l’organismo di coordinamento e reperimento dei fondi per il Palio. Tutti i componenti della Proloco hanno giocato un ruolo fondamentale per la creazione e sviluppo del Palio, anche se, come associazione del terzo settore, “è stata fondata nel 1980 e il suo consiglio direttivo viene rieletto ogni 3 anni. L'attuale presidente per il triennio 2021-2023 è Katiuscia Ruggeri. Significativa è la costante collaborazione con enti quali il Comune e la Biblioteca Comunale, a cui si affiancano la parrocchia di San Nicolò e associazioni come L’Auser, l’Avis, Il Gruppo Sportivo Isolano, la Banda Leopoldo Vecchi (non esiste più) e le quattro contrade” (https://proloco-isola.org/chi-siamo/ ). Oltre alla Proloco e alle contrade, queste ultime distaccate rispetto alla Proloco, vi sono una serie di associazioni che danno il loro autonomo contributo al Palio, ovvero: “1) Sbandieratori e musici di Dovara, costituitosi nel 1984, riunisce tutti gli sbandieratori delle contrade, esistenti già dagli Settanta; 2) Compagnia teatrale all’Improvvista, nata nel 1993 a seguito del corso di teatro di piazza e tecnica del giullare di Bepi Monai; 3) Tripudiantes Dovarensis, un gruppo di danza antica costituitosi nel 1995, in corrispondenza del cambio di rievocazione da Anna Dovara a Barbara di Brandeburgo e del maggior studio storico. L’associazione utilizza diverse fonti storiche (dipinti, arazzi, incisioni, opere letterarie) per la realizzazione dei costumi e studia la filosofia degli ambienti di corte per la ricerca della gestualità dei balli. Si ha anche una collaborazione con il gruppo musicale assisano Anonima Frottolisti, che cura le musiche del Palio, per l’incisione di un album di ballate quattrocentesche; 4) Compagnia Stultifera Navis, nota nel 2011 per gli spettacoli di piazza, giochi di fuoco, scherma antica e giocoleria moderna; 5) Falconarii Dovarensis, gruppo fondato nel 1998 per la diffusione dell’arte della falconeria; 6) Comites Sagittarii, un gruppo di arcieri ispirati al periodo del XV secolo; 7) Fuochini dell’Isola, per gli spettacoli di fuoco” (EVE RSVG0230).
Contrada di Porta Tenca:
Distaccate dalla Proloco vi sono le contrade, che costituiscono associazioni del terzo settore e quindi hanno una certa autonomia per la realizzazione delle taverne e del corteo, oltre che utilizzare gli introiti delle taverne nei giorni del Palio per autofinanziarsi. Rispetto alla ricerca già condotta con la stesura della scheda EVE, la ricercatrice, attraverso interviste a membri delle singole contrade, ha avuto modo di contestualizzare ulteriormente quanto già appreso nella prima fase della ricerca, in particolare per quanto riguarda la Contrada di San Giuseppe e la Contrada di Porta Tenca. Come già riportato nella scheda EVE, “La suddivisione in contrade esisteva già prima del palio (si ha, per esempio, un’attestazione di tale suddivisione già nel 1946, si veda Meda 2016: 74, nota 145). […] Le contrade, quattro in tutto, sono le seguenti e ciascuna ha una storia specifica: 1) Le Gerre, il cui nome deriva dal dialetto gèri (letteralmente, ghiaie), in quanto la contrada è sui depositi fluviali del fiume Oglio. Per questo motivo, il colore della contrada è azzurro. Storicamente, la contrada è legata al porto del fiume Oglio, che controllava gli scambi e i conflitti tra la Repubblica di Venezia, nel bresciano, e il Ducato di Milano, nel cremonese; 2) Porta Tenca, il cui nome deriva dalla tinca, un pesce posto sul balcone della casa dei Tenca, nobile famiglia isolana, e si estende accanto alla chiesa di San Nicolò. Storicamente, la famiglia Dovara aveva il patronato della chiesa e dimorava in questa contrada. Il colore è giallo come il pesce sul balcone; 3) San Bernardino, il cui nome deriva dal convento dei frati francescani dell’Osservanza, sorto nella contrada nel 1476. Rispetto alle altre contrade, San Bernardino è più decentrata. Il colore è rosso, in quanto i locali si riferiscono comunemente a questo luogo con il nome di “piccola Russia”; 4) San Giuseppe, che deriva il nome dall’Opera Pia Oratorio di San Giuseppe, sorto nel XVII secolo. Storicamente, la contrada ospitava le abitazioni degli ebrei dall’epoca tardomedievale in poi. Il colore della contrada è verde in quanto la zona è circondata da prati” (EVE RSVG0230). Attraversando il portale storico della piazza, si accede alla Contrada di Porta Tenca, all’interno della quale è ospitata la chiesa di San Nicola da Bari (protettore delle acque e patrono di Isola Dovarese). La chiesa costituisce una delle testimonianze architettoniche maggiormente legata al periodo dei Dovara e dei Gonzaga. L’edificio è, infatti, collocato nella stessa area di un’antica chiesa plebana, indicata dalla documentazione come Santa Maria in Insula, del XV secolo, su un punto rialzato a protezione dalle esondazioni dell’Oglio. L’entrata è posta sul lato maggiore che si affaccia sul Corso Maggiore, anziché essere collocata dalla sua entrata originaria, a causa dell’espansione urbana. Inoltre, con la soppressione del Convento di San Bernardino, nella contrada omonima, avvenuta nel 1810, l’edificio si è ampliato di una campana, riducendo quindi lo spazio antistante la piazzetta dove era collocata l’entrata originaria (https://www.in-lombardia.it/it/chiesa-di-san-nicol%C3%B2 ). La struttura esterna è stata rielaborata nel XVIII secolo proprio come risposta al crescente inurbamento. L’elemento artistico di maggior eccellenza, oltre all’insieme di opere di pregio provenienti da luoghi di culto destituiti, è l’”Ecce Homo” di Bernardino Campi, dipinto nel 1575 e posto nell’altare patrocinato dai Gonzaga. Altro dipinto significativo del Cinquecento è l’Annunciazione o Madonna del gatto, attribuita o ad Altobello Melone o a Gianfranco Bembo. Il resto delle decorazioni, in particolare le vetrate policrome, risale al Settecento (https://proloco-isola.org/chiesa-di-san-nicolo/ ). La Contrada di Porta Tenca consta di venti/trenta persone come membri attivi, di cui circa quindici impegnati durante l’anno per le riunioni.
Contrada di San Bernardino:
La Contrada San Bernardino prende il nome dall’esistenza di un Convento francescano osservante di San Bernardino, eretto nel 1476 per bolla papale di Sisto IV, ma che ospitò i frati solo a partire dal 1501. Soppresso nel 1810, il convento si è conservato solo in alcune tracce architettoniche, mentre il resto venne convertito ad abitazione (https://www.lombardiabeniculturali.it/istituzioni/schede/11500322/). La Contrada ha una lunga storia alle spalle di coscienza e lotta operaia, essendo una zona d’insediamento degli operai delle fabbriche locali (di qui l’associazione con il colore rosso della contrada).
Contrada di San Giuseppe:
Anche la Contrada di San Giuseppe prende il nome dalla presenza, nel suo territorio, dell’Oratorio di San Giuseppe, stabilito nel 1688 dall’arciprete don Giovanni Maria Santi, parroco di Isola Dovarese, il quale poi destinò tutte le sue sostanze alla sorella nel 1671, la quale poi completò la costruzione della chiesa e ne amministrò i beni per il loro impiego nell’assistenza caritativa agli isolani indigenti. Questo patrimonio venne incrementato da Francesco Antonio Picenardi, figlio di Sforza Picenardi, il quale, distinguendosi come capitano di Carlo VI contro i Turchi, venne investito del feudo di Calvatone (http://dati.san.beniculturali.it/SAN/produttore_SIAS_san.cat.sogP.54509 ). L’amministrazione dell’oratorio da parte degli eredi di Santi continuò fino alla metà dell’Ottocento, fino all’Unità d’Italia, quando l’oratorio venne affidato alla Congregazione di Carità di Isola Dovarese. Durante il Risorgimento, l’oratorio divenne un ospedale militare, ospitando militari feriti durante la Seconda Guerra d’Indipendenza, come alcuni soldati francesi provenienti dalla battaglia di Solferino nel 1859. Nel 1863, la Congregazione di Carità di Isola Dovarese fondò l’asilo infantile, in funzione dal 1864 fino al 1896 (poi passato a una gestione separata), e nel 1919 si unì alla fondazione del “Ricovero per vecchi e malati cronici”. Nel 1979, l’oratorio fu trasformato in Ipab. L’oratorio presenta una pavimentazione in cotto tipica dell’arte decorativa cremonese del XVIII secolo, l’abside affrescato da Domenico Joli (1744) e l’altare e le pareti recanti una serie di dipinti sulla vita di San Giuseppe attribuibili a Vincenzo Borroni (https://casadiripososangiuseppe.it/la-nostra-struttura/chiesa-san-giuseppe/, https://proloco-isola.org/oratorio-di-san-giuseppe/ e https://fondoambiente.it/luoghi/oratorio-san-giuseppe-isola-dovarese ). La Contrada di San Giuseppe è una delle poche contrade a mantenere delle festività e ricorrenze interne riservate ai suoi membri, come feste legate ad eventi personali importanti (nascite, matrimoni, funerali). Insieme alle Gerre, la contrada ha tutt’ora attive le cene di contrada.
Tripudiantes Dovarensis:
I Tripudiantes Dovarensis constano di una trentina di partecipanti, dai 16 ai 55 anni, dei quali solo due sono uomini, a causa dello studio richiesto e dal minor coinvolgimento nei confronti di passi codificati, come messo in evidenza nella sezione sull’apprendimento e la trasmissione. La Compagnia all’Improvvista nacque sotto la spinta di Beppe Monai come corso di commedia dell’arte, ma staccata dalla formazione classica di tipo goldoniana e, quindi, maggiormente improntata all’improvvisazione del “teatro alternativo” degli anni Settanta/Ottanta. Del primissimo gruppo sono rimasti due componenti che hanno portato avanti il lascito di Beppe Monai. Il gruppo varia dalle due o tre persone per i singoli eventi alle dieci e quindici o venti, venticinque per il Palio. In questo frangente, molto esterni al gruppo chiedono di poter partecipare per poter seguire da vicino il Palio. All’interno del gruppo, solo una componente è isolana, mentre gli altri provengono dalle province e comuni limitrofi. Il regista degli spettacoli che fanno parte del Palio solitamente non è un isolano per evitare possibili conflitti o polemiche all’interno della comunità stessa degli isolani, mentre il contenuto o la storia delle rappresentazioni è spesso creato da un isolano. Solitamente, il Comitato Palio fa una selezione tra due/tre proposte per poi affidare la proposta scelta al regista.
Compagnia all’Improvvista:
La Compagnia all’Improvvista nacque sotto la spinta di Beppe Monai come corso di commedia dell’arte, ma staccata dalla formazione classica di tipo goldoniana e, quindi, maggiormente improntata all’improvvisazione del “teatro alternativo” degli anni Settanta/Ottanta. Del primissimo gruppo sono rimasti due componenti che hanno portato avanti il lascito di Beppe Monai. Il gruppo varia dalle due o tre persone per i singoli eventi alle dieci e quindici o venti, venticinque per il Palio. In questo frangente, molto esterni al gruppo chiedono di poter partecipare per poter seguire da vicino il Palio. All’interno del gruppo, solo una componente è isolana, mentre gli altri provengono dalle province e comuni limitrofi. Il regista degli spettacoli che fanno parte del Palio solitamente non è un isolano per evitare possibili conflitti o polemiche all’interno della comunità stessa degli isolani, mentre il contenuto o la storia delle rappresentazioni è spesso creato da un isolano. Solitamente, il Comitato Palio fa una selezione tra due/tre proposte per poi affidare la proposta scelta al regista.
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