La rievocazione storica
La festa di Ra Barca rievoca un’antica storia d’amore, risalente al tempo delle antiche Repubbliche marinare, quella di Angelina, figlia del Conte Rubino, e del giovane amato pisano. Il Conte, signore del paese, aveva con la Repubblica di Pisa un florido commercio di legname, raccolto sui monti circostanti e destinato a costruire le loro navi. Tre marinai, o forse tre dignitari pisani, giunti in paese per verificare il carico, si innamorarono delle tre figlie del conte e cominciarono a frequentarle segretamente finché, una notte, la figlia più giovane Angelina si allontanò furtivamente dalla casa paterna per incontrare, in quello che oggi è noto come viale degli Innamorati, il giovane amato in partenza per Pisa. I due decisero di fuggire raggiungendo la nave pisana, ovvero ra barca, che stava per salpare dalla spiaggia di Sanremo. Il Conte, scoperta la fuga, inseguì gli amanti armato di spada e dopo averli raggiunti al passo Ghimbegna, decapitò la figlia con un colpo netto. Il luogo del delitto è detto Pian Chissora e pare derivare dall’esclamazione dei marinai, preoccupati dalla reazione del conte: “chissà ora!”. La storia tramanda che gli abitanti di Bajardo, impietositi, raccolsero il corpo della giovane sfortunata, lo avvolsero in un manto bianco e lo trasportarono fin sul piazzale del castello, nella parte alta del paese, imponendo al Conte di onorare la figlia morta. Da allora Angelina e il suo amore vengono ricordati celebrando questa festa, che di per sé non ha origine religiosa, ma, come in molti altri casi, è stata inglobata nella liturgia e si celebra in concomitanza con la Pentecoste.
I preparativi per l’evento sono lunghi ed elaborati: ogni anno viene selezionato un pino ad aghi corti e con legname di ottima qualità e senza nodi, destinato a rappresentare l’albero maestro della nave pisana. Il sabato, vigilia del giorno di Pentecoste, viene tagliato il tronco, la cui altezza spesso sfiora i trenta metri. Come vuole la tradizione, il taglio avviene in luna favorevole. L’operazione è possibile grazie ad una deroga apposita, in quanto in periodo primaverile sarebbe vietato abbattere questo tipo di pianta. Eliminati i rami e tagliata la cima, si procede al fissaggio di una fronda verde alla sua sommità, in ricordo della testa decapitata della sfortunata Angelina. Nel frattempo, un corteo in abiti medievali scorta l’albero fino alla piazza, dove è predisposto un sistema per innalzarlo: dai terrazzi circostanti i paesani (i bajocchi) e i turisti (i furesti), tirano le funi mentre altri si danno da fare con le mazze per far affondare nello scavo predisposto – dal 2016 una botola permanente – il tronco monumentale. Il pino viene così issato verso il cielo tra gli applausi partecipi degli astanti. Intorno all’albero inizia poi un girotondo in senso orario e antiorario (girà ‘ra barca), mentre si intona un’antica ballata composta da sei parti (A sturieta – L’idiliu – U lamentu – U drama – A fin – a Cua) che raccontano l’amore di Angelina. Ogni parte ha un ritmo ed una musica propri, rievoca la triste storia in cui si alternano momenti di speranza, di elegia e di dolore, sino al dramma finale.
Oggi al canto e al girotondo possono partecipare tutti. Agli intervenuti all’innalzamento dell’albero sono offerti in piazza a pasta, una focaccia con sugo di pomodoro cotto, acciughe, aglio e cipolla, e i crustuli, dolci di farina lievitata con aroma di finocchio e zucchero. Ra Barca rimane in piedi per una settimana intera fino alla domenica successiva nella quale, con l’accompagnamento della Fanfara degli Alpini, il fusto viene abbattuto per poi, usando la storica pratica del cerino, essere battuto all’asta dal Gran Cerimoniere. L’asta è spesso accanita, per l’ottima qualità del materiale. La tradizione è rigidissima e non ammette proroghe: l’albero deve cadere dopo una settimana esatta. Il ricavato dell’asta veniva utilizzato, in passato, per offrire un pranzo ai poveri e per i giovani che si erano impegnati nell’organizzazione della festa. Si tramanda che in passato l’offerta dei pani e dei frutti della terra ai poveri fosse curata dalla confraternita dello Spirito Santo, depositaria del lascito della famiglia comitale, dopo la sua estinzione. Il ruolo e l’impegno di tale confraternita, tuttavia, non sono del tutto certi. Oggi il ricavato viene utilizzato per organizzare una cena aperta a chi ha contribuito all’asta.
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