La rievocazione storica
La rievocazione prende in considerazione l’arco temporale di sviluppo della signoria dei Manfredi (1303-1501), fino all’assedio e alla conquista della città da parte di Cesare Borgia, nel 1501. In particolare, la Deputazione Palio ha enfatizzato il fatto che i rioni debbano costruire il proprio corteo storico utilizzando il secolo XV come riferimento. I Manfredi esistevano già come casato fin dal 1103. Come si vedrà più approfonditamente nelle notizie storico-critiche, Faenza era caratterizzata dai contrasti tra guelfi e ghibellini, i quali controllavano determinate porzioni di territorio, in particolare coincidenti con i rioni. In questo caso, i Manfredi (che risiedevano nell’attuale Rione Giallo) erano di fede guelfa ed erano in contrasto con la famiglia ghibellini Accarisi (che risiedevano nell’attuale Rione Rosso).
Il Niballo è una serie di manifestazioni che si estendono al di fuori del mese considerato “del Palio”, giugno, e investono anche le singole iniziative e rievocazioni storiche portate avanti in autonomia dai singoli rioni. In particolare, il Rione Rosso e il Rione Verde sono caratterizzati, rispettivamente, dalla Sagra del Pellegrino nel Sobborgo della Ganga e dalla Fiera di San Rocco. Entrambe le manifestazioni sono un preludio dell’impegno del singolo rione nel Palio e stimolano la produzione di nuovi costumi, iniziative culturali e idee che verranno poi inglobate all’interno del Niballo. Oltre a queste singole manifestazioni rionali, si ha la Nott de bisò, il 5 gennaio, che ha la funzione di concludere l’anno del Palio e propiziare quello futuro. La Nott de bisò consiste infatti nel appiccare fuoco a una grande figura in paglia rappresentante il Niballo, la stessa figura contro cui corrono i Rioni durante il Palio, vestita dei colori del Rione vincitore. Il fuoco è appiccato dal rappresentante del Rione vincitore dell’anno e la posizione nella quale cade la testa del Niballo indicherebbe il Rione che potrebbe vincere nell’ediizone successiva del Palio. Il nome dell’evento deriva dal #bisò#, un vino caldo speziato faentino, che si consuma nell’attesa del falò all’interno dei #gotti#, ciotole in ceramica faentina che riportano gli stemmi dei Rioni. Si veda per un approfondimento la scheda EVE RSVG0256.
Altro evento collettivo che segna l’inizio del mese del Palio è la donazione dei ceri in cattedrale il sabato che precede la seconda domenica di maggio. I rappresentanti di ciascun rione offrono “un cero con inciso lo stemma rionale alla Madonna delle Grazie, la patrona di Faenza, nella cattedrale. Durante la messa, viene presentato il drappo dipinto che verrà consegnato al vincitore del Palio di quell’anno, nel giugno successivo. Il palio rimane esposto nella cappella del duomo finché il Rione vincitore, a gara finita, sfilando in corteo dallo stadio fino al duomo, lo riceverà solennemente dalle mani del Vescovo sul sagrato della chiesa” (EVE RSVG0256).
Il mese del Palio si struttura in tre eventi specifici: 1) il Torneo della Bigorda d’Oro (il secondo sabato di giugno); 2) il Torneo degli Alfieri Bandieranti e Musici (il terzo sabato di giugno e la terza domenica di giugno); 3) il Palio del Niballo (la quarta domenica di giugno). Ciascuna sfida, la Bigorda e il Niballo, è sempre preceduta da una Cena Propiziatoria di buon auspicio per l’esito delle gare all’interno di ogni rione. Per un’introduzione ai singoli eventi, si rimanda alla scheda EVE RSVG0256.
La ricercatrice ha potuto osservare due dei tre momenti del Palio, ovvero il Torneo della Bigorda, da una parte, e il Palio del Niballo, dall’altra. I due eventi si strutturano allo stesso modo, sia nelle iniziative che precedono la gara, sia a livello di gara. Trattandosi di un torneo riservato a giovani fantini, la ricercatrice ha osservato i preparativi per il corteo di uno dei rioni faentini con il maggior numero di rionali al di sotto dei 35 anni, ovvero il Rione Giallo. Nel primo pomeriggio, i rionali si sono riuniti per la prova costumi e, nel caso dei musici e sbandieratori, anche brevi prove con lo strumento (chiarina e tamburo) o la bandiera. I preparativi hanno costituito già un momento conviviale di festa: i rionali, seduti in cerchio immediatamente al di fuori della sede rionale, hanno raccontato le proprie impressioni della Cena Propiziatoria, accennando a pettegolezzi legati a figure specifiche del Rione e a una serie di comportamenti goliardici durante la Cena. L’atmosfera, seppur di fibrillazione, è stata caratterizzata da un senso di familiarità che attraversa tutti i membri riuniti. Al piano di sopra, il reparto costumi del Rione, costituito da tre membri femminili e uno maschile, tutti in età vicina al pensionamento o in età da pensionamento, ha conteggiato il numero di scarpe e costumi, discutendo sui partecipanti al corteo che saranno presenti in corteo e gli abbinamenti possibili da stabilire tra il loro tipo di corporatura e i costumi disponibili. Quest’ultimi sono contenuti nelle teche del museo rionale della seconda sala, o esposti su delle strutture a manichino nella prima sala museale, con insegne e bandiere (poi selezionate per il corteo) appese alle pareti e al soffitto. Altri accessori necessari, come le pettorine da inserire sotto al costume e alcune calzature, si trovano, invece, all’interno del piccolo studio della sala costumi, dove si intravedono strumenti come macchine da cucire e cassette con spille da cucito e da balia. Si è respirata sia concitazione, sia preoccupazione rispetto alla defezione di alcuni figuranti, tra i quali dei bambini, risultati positivi al test Covid e che hanno iniziato recentemente la quarantena a casa, di qui considerazioni su come poter comunque sfruttare dei costumi già tenuti da parte per l’occasione. I membri del reparto costumi hanno spiegato alla ricercatrice come vi siano dei costumi che sono stati indossati più volte dalla stessa persona, ma gli aggiustamenti dell’ultimo minuto sono anch’essi una costante della preparazione al corteo.
Una volta stabilito il numero di costumi e un abbinamento approssimativo tra i figuranti e i loro costumi, i rionali sono stati chiamati a turno al piano di sopra per cambiarsi d’abito. La sala museale principale e le altre sale riservate alle riunioni del Rione sono diventate, quindi, un grande spogliatoio pubblico, senza che si sia creata un’area più riservata e al sicuro dallo sguardo dei passanti. Oltre ai costumi, si sono selezionate anche le insegne e le bandiere da utilizzare all’interno del corteo, attraverso sempre un rapido scrutinio a opera del reparto costumi.
Durante il processo di vestizione, è arrivato il cavallo utilizzato per il corteo, che è stato legato a un albero nei pressi delle aiuole di fronte alla sede del rione. Una rionale che si occupa del reparto scuderie del Palio ha tenuto compagnia al cavallo. Durante una conversazione informale con la ricercatrice, è emerso il fatto che originariamente sarebbe di un altro rione ma è divenuta una rionale del Giallo a causa della relazione con il suo attuale fidanzato. Stando alla sua dichiarazione, le relazioni tra rionali di diverso colore sono frequenti. Alcuni rionali, nel frattempo, hanno preparato gli striscioni poi sventolati all’interno dello stadio nel corso della sfida. Vi sono differenze tra i cavalli utilizzati all’interno dei cortei e quelli che si fanno correre per la Bigorda e il Palio: quel cavallo, per esempio, è di piccole dimensioni e ha una maggior capacità di controllare l’ansia per poter stare all’interno del corteo, oltre che attraversare le folle.
Una volta conclusa la vestizione del corteo, i familiari o amici dei rionali in corteo hanno fatto foto con quest’ultimi in costume. In particolare, la figura della Dama è stata quella maggiormente fotografata: come emerso più volte nelle interviste ai vari Rioni, la Dama, infatti, è una figura cardine del corteo ed è un punto di onore per le ragazze rionali o faentine in generale indossarne i panni.
Il corteo, partendo dalla sede del Rione, si è diretto a Piazza del Popolo, arrestandosi poco prima della piazza stessa, transennata per l’occasione. Durante il percorso, si sono potuti osservare dei cenni di saluto, delle fotografie scattate in fretta tra i rionali del corteo e il pubblico distribuito lungo la via. Si è avuto come un sodalizio tra pubblico in ammirazione e a sostegno del corteo e i figuranti del corteo. All’interno della piazza, intanto, il Gruppo Municipale è salito all’interno del Municipio insieme alle diverse delegazioni di sbandieratori per ciascun rione. Un araldo, al centro della piazza e alla presenza delle autorità del Gruppo Municipale (il Sindaco-Maestro dei Rioni, l’unico che non ha indossato un costume storico ma la fascia tricolore; il Maestro di Campo; il Maestro della Giostra), ha introdotto agli spettatori la rilevanza storica del Niballo, per poi passare direttamente all’annuncio di ciascun rione. Una volta pronunciato il nome del rione (ciascuno ha sfilato secondo l’ordine di classificazione stabilita con la vincita del Torneo dell’anno precedente), i figuranti sono entrati all’interno dell’area della piazza transennata, mentre i loro musici e sbandieratori, affacciati dalla galleria del Municipio, hanno sventolato le bandiere e suonano le chiarine. L’araldo, intanto, ha illustrato al pubblico le figure che compongono il corteo e la loro simbologia, sempre con un tono enfatico che dovrebbe in qualche modo riprodurre la scrittura medievale in volgare. Il corteo di ciascun rione ha sfilato compiendo un percorso circolare che ha abbracciato tutti i lati della piazza, fino a ricomporsi e indirizzarsi verso una sezione specifica della piazza segnalata dagli assistenti dell’araldo, occupandola attraverso due o più file. Quando ciascun rione ha sfilato, quindi, si sono costituiti cinque raggruppamenti rionali, suddivisi al centro da esponenti chiave del Gruppo Municipale e della Deputazione Palio, davanti ai quali ciascun fantino che correrà la Bigorda ha giurato fedeltà al suo rione.
Immediatamente a seguito del giuramento, i rioni sono usciti, sfilando, dalla piazza e si sono diretti in corteo allo stadio di Faenza, attraversando Corso Giuseppe Mazzini per poi svoltare in via Medaglie d’Oro, sede dello stadio Bruno Neri. Lungo il percorso, i passanti si sono raccolti a crocicchi lungo il Corso, indossando i fazzoletti con i colori del loro rione. Aspettare il corteo è anch’esso un momento conviviale, intavolando conversazioni che spesso hanno come soggetto amici e familiari in comune.
Una volta che il pubblico si è raccolto all’interno delle tribune, l’araldo, insieme al Maestro di Campo e al Maestro della Giostra, hanno fatto il loro ingresso in campo. La pista è costituita da due percorsi che, partendo dai box dove vengono fatti introdurre i cavalli, arriva alla macchina del Niballo, posta perpendicolarmente al box, unendo così i due percorsi ellittici. Il lato non coperto dalle tribune ha cinque palchi a gradoni, ciascuno per i cinque rioni, allo scopo di accogliere i figuranti del corteo, i quali avranno il compito di disporre gli scudi vinti dal proprio fantino nel corso della gara. Quest’ultima dura circa un’ora e mezza e prevede che ciascun fantino sfidi gli altri quattro per poi, a sua volta, rispondere alle sfide degli avversari. Si ha così un insieme di venti corse, ripartite in cinque batterie. L’ordine delle sfide è fatto in base al posizionamento dei rioni stabilita nel Palio dell’anno precedente. Prima dell’inizio della sfida, sono stati distribuiti al pubblico dei fogli con una tabella per segnarsi gli scudi vinti da ciascun rione e, al contempo, permettere al pubblico di prevederne le percentuali di vincita.
L’araldo, insieme al Maestro di Campo, hanno annunciato i vari Rioni, i quali hanno sfilato all’interno dello stadio in senso antiorario toccando tutte le tribune. Quest’ultime hanno previsto una tribuna libera, che include anche i personaggi faentini di rilievo o gli invitati speciali, e quattro tribune in corrispondenza delle tifoserie rionali. Una volta che il rione ha concluso la sua sfilata, si è radunato e distribuito all’interno del palco allestito a loro riservato. Conclusasi questa fase, l’araldo ha annunciato la prima sfida.
Solitamente, durante tutti i pali, i due fantini avversari compaiono sulla scena dello stadio, facendo compiere ai loro cavalli un giro di riscaldamento. Quest’ultimo deve essere di breve durata, in quanto si cronometra il tempo di entrata all’interno dei box e l’avvio della gara. Ciascun cavallo è accompagnato da circa tre palafrenieri, i quali hanno il compito di aiutare l’entrata nel box al cavallo e, al contempo, dare la spinta necessaria affinché possa uscire più velocemente dal box stesso. Quest’ultimo si apre secondo un sistema automatico e spesso il suo meccanismo può creare dei problemi alla prontezza di riflessi del cavallo e del fantino, creando false partenze o, viceversa, ritardandone l’inizio della corsa. Il cavaliere che colpisce prima il braccio del Niballo alzato nella sua direzione di corsa e che contiene lo scudo da colpire vince lo scudo della sfida. Il Maestro di Campo prende uno scudo del colore del rione vinto dalla fila di scudi disposti su un lato della recinzione dello stadio e lo consegna al rione vincitore. Sarà poi compito dei rionali in corteo issare lo scudo e attaccarlo in alto, sul retro del loro palco. Durante la Bigorda e ulteriormente con il Niballo, il pubblico all’interno delle gradinate è spesso intento in conversazioni nelle quali si calcolano le probabilità di vincita delle varie sfide, incentivate dalla difficoltà insita nel correre nella pista a sinistra.
La ricercatrice ha avuto modo di verificare come le corse effettuate nella pista di destra siano effettivamente più rapide rispetto a quelle nella corsia di sinistra. Parlando con alcuni rionali, è emerso come questa caratteristica sia determinata dalla conformazione globale della pista, sfidando quindi ulteriormente le capacità del fantino e la forza fisica del cavallo quando corrono a destra, ovvero quando sfidano gli altri quattro rioni. Il Torneo della Bigorda del 2022 è stato vinto dal Rione Giallo. Prima di procedere con l’uscita dei rioni in corteo dallo stadio e la premiazione del Palio sul sagrato della chiesa del duomo, l’araldo e il Maestro di Campo hanno proceduto con le premiazioni alla miglior dama e al miglior costume.
L’osservazione dei preparativi del corteo del Niballo stavolta è stata condotta presso il Rione Rosso. Le differenze riscontrate dalla ricercatrice è che nel Rosso vi è una maggior distinzione, nei momenti conviviali, tra le generazioni più giovani e quelle più anziane. Il gruppo dei giovani, seduti a un tavolo nel cortile della sede rionale, dopo aver pranzato insieme hanno intonato l’inno del Rione e una serie di canzoni sul modello dei cori da stadio, sia come momento conviviale-goliardico, sia come auspicio per il Rione. Altra differenza riscontrabile è che il corteo è partito dopo aver intonato l’inno del Rione, cantato all’unisono con il resto del pubblico rionale attorno a via Campidori. La sfida del Niballo è stata vinta dal Borgo Durbecco, accendendo diverse polemiche in quanto il fantino non è un rionale, né un faentino, ma un fantino professionista.
Periodo | Occasione
Intero mese di giugno (in particolare il secondo sabato di giugno, il terzo sabato di giugno e la quarta domenica di giugno)
Area Geografica
A livello geografico, Faenza è circondata dalle vallate del Samoggia e del Lamone, così come dall’alta Valle del Sintria, con parchi naturali come il Parco Cané, il Parco carsico della grotta Tanaccia e l’area carsica della Vena del Gesso. La città nacque come insediamento romano e già nel I secolo d.C. si distinse per, da una parte, la produzione agricola e, dall’altra, la ceramica, produzione per la quale è passata alla storia, soprattutto in epoca rinascimentale, a causa delle esportazioni in tutta Europa, al punto da avere toponimi che divennero sinonimi di ceramica in diverse lingue, tra le quali il francese (faïance) e l’inglese (faience). La Faenza contemporanea, di 58, 951 abitanti per una superficie di 215,76 km², è tutt’ora caratterizzata dalla produzione della ceramica: stando al sito della Pro Loco (https://www.comune.faenza.ra.it/Citta/Faenza-nella-storia/Cenni-Storici/Faenza-una-breve-storia ), Faenza ha al suo interno circa sessanta botteghe artigianali di ceramica, oltre che diverse attività con le scuole e in collaborazione con il Museo della Ceramica, istituto culturale che ha diverse collezioni di pregio, tra le quali persino maioliche di Picasso (cfr. https://www.prolocofaenza.it/it/visita-faenza/luoghi/chiese-e-monumenti/ridotto-del-teatro-comunale-a-masini/ , https://www.comune.faenza.ra.it/Citta/Faenza-nella-storia/Cenni-Storici/Faenza-una-breve-storia).
A partire dall’VIII secolo, la città conobbe uno sviluppo che culminò con la signoria dei Manfredi in epoca tardo medioevale-rinascimentale. Il piano di rinnovamento urbano della città risale a Carlo II Manfredi, nella seconda metà del XV secolo. Dopo la conquista di Cesare Borgia del 1501, Faenza entrò nell’orbita dello Stato della Chiesa fino al 1859. Il Niballo Palio di Faenza è caratterizzato dall’interazione stretta tra i rioni e alcuni edifici storici significativi per la città, come si evincerà successivamente in questa scheda. La rievocazione tocca, nel mese del Palio, alcuni degli edifici storici più significativi che sono ubicati in Piazza del Popolo e nella contigua Piazza della Libertà. In Piazza del Popolo sono visibili il Palazzo del Podestà e del Municipio, d’origine medioevale ma rinnovati, il primo agli inizi del Novecento, il secondo nel Settecento. Il secondo edificio, in particolare, coincise con il Palazzo del Capitano del Popolo e, successivamente, fu sede della signoria dei Manfredi. In Piazza Libertà, spesso non distinguibile nelle terminologie locali da Piazza del Popolo, è ubicata la cattedrale, di chiara influenza toscana, costruita tra il 1474 e il 1511 e con la facciata incompiuta.
Descrizione del percorso
Il corteo storico parte dalle sedi di ciascun rione (via Campidori per il Rione Rosso, via della Croce per il Rione Nero, via Cavour per il Rione Verde, via Bondiolo per il Rione Giallo e piazza Fra Saba da Castiglione per il Borgo Durbecco) per arrivare a Piazza del Popolo. Una volta svoltasi la cerimonia del giuramento e, nel caso del Niballo, la sfida degli sbandieratori, il corteo prosegue in Corso Giuseppe Mazzini per arrivare allo Stadio Bruno Neri in Piazza Medaglie d’Oro. Una volta conclusisi il Torneo della Bigorda e il Niballo, il corteo si ricompone per percorrere sempre Corso Giuseppe Mazzini e dirigersi alla cattedrale di Faenza, in Piazza Libertà. Il rione vincitore riceve il Palio sul sagrato della chiesa per le mani del vescovo. Le sfide degli sbandieratori di ciascun rione del terzo sabato di giugno si svolgono sempre in Piazza del Popolo, così come la Nott de bisò. Ogni manifestazione vede anche l’utilizzo delle sedi dei singoli rioni per le cene propiziatorie e, nel caso della Nott de bisò, per l’acquisto dei gotti con i colori dei rioni e la mescita del #bisò# (vino speziato).
Notizie storico-critiche
Il Niballo Palio di Faenza nacque inizialmente nel 1959, per iniziativa di alcuni membri della comunità faentina che organizzavano la Settimana Faentina, alla quale era associata l’Antica Fiera di San Pietro, risalente al medioevo e poi ripresa negli anni Trenta del Novecento (Dalmonte 2018: 67). Le corse equestri faentine sono documentate e descritte negli Statuti cittadini manfrediani del 1410, pur essendo feste popolari già nei secoli antecedenti. Le feste elencate dagli Statuti si contraddistinguevano per il fatto di essere corse in onore di un santo legato a una chiesa della città e le corse si facevano solitamente precedere dall’offerta di un ceri votivi alla chiesa del santo. Tra queste feste, si aveva anche la Festa degli Stendardi, la quale perpetuava il ricordo della vittoria militare dei faentini sui ravennati nel 1080, grazie all’aiuto dei cavalieri del Conte di Vitry. Il Conte avrebbe lasciato due stendardi ai faentini con la promessa di portarli ogni anno alla chiesa di Sigismondo (fuori Porta Mantovana) a memoria dell’evento (da Tondizzi Histoire de Faenza e Zuccoli Memorie storiche di Faenza; fonti citate in Dalmonte 2018: 43). Durante le Rogazioni Maggiori, pochi giorni prima dell’Ascensione e della festa presso la chiesa di Santa Maria foris portam dei calmadolesi avellaniti, la processione si dirigeva dalla cattedrale per arrivare alla Croce del Drago. Qui il sacerdote gettava uno stendardo con un’effige del drago sulla folla a seguito dell’omelia (Dalmonte 2008: 59). Il Niballo Palio di Faenza storicamente era attestato come la Quintana del Niballo (il 13 febbraio 1596).
L’istituzione dei rioni, secondo Solaroli (1961: 101), risalirebbe già alla Roma di Augusto. Con l’avvento dei Comuni, i Rioni acquisirono importanza come distretti militari e presero il nome della porta, la cui difesa era affidata agli abitanti circostanti. Il Borgo Durbecco esisteva già in epoca remota, pur non appartenendo ai rioni, ed è attestato dal 1097. Aveva anch’esso una struttura militare, in questo caso a fortezza. Ciascun rione forniva alla città parte della cavalleria e della fanteria che andava a comporre la milizia comunale (Solaroli 1961: 107). Dall’epoca comunale alla signoria manfrediana, la suddivisione in rioni assunse sempre più anche un carattere politico. Nel 1410, Gian Galeazzo Manfredi istituì il Consiglio dei Cento Sapienti al posto del Consiglio Generale del Comune (Solaroli 1961: 108-109), che era formato da cento consiglieri, venticinque per ogni rione. Nelle prime edizioni dell’edizione moderna del Palio, si era selezionata la seconda metà del Cinquecento come epoca storica di riferimento, identificandola come “periodo spagnolo”. Nei primi due anni, il Palio consisteva nel colpire dei secchi d’acqua, vincolati alla struttura del Niballo e, quindi, nel bagnare l’avversario se si arrivava per primi. Questa modalità venne presto sostituita in quanto l’acqua infastidiva i cavalli. Tra il 1962 e il 1964, il Palio subì una prima cesura storica, ovvero la scelta della prima metà del Cinquecento come riferimento cronologico.
Nel 1988, il Comune di Faenza inserì il Palio nel suo bilancio annuale. Il Palio costituì quindi presenza fissa nell’Amministrazione Comunale. Dall’organismo autonomo del Comitato Palio, quindi, prese vita la Deputazione Palio che riunisce sia la parte comunale che quella rionale. Il sostegno comunale al Palio continuò nel 2003 con la concessione gratuita di nuove sedi ai rioni. È a partire dalla seconda metà degli anni Duemila, che la Deputazione Palio ha spinto affinché i rioni si impegnassero in attività sociali (di qui, la loro costituzione in APS) e di ricostruzioni e ricerche storiche.
Tra il 1997 e il 2006, avvenne la seconda grande cesura storica del Palio, ovvero:
1) L’introduzione della cerimonia dei ceri votivi alla patrona di Faenza, Madonna delle Grazie, riproducendo quindi l’usanza delle giostre e dei pali così come eseguiti nel corso dei secoli e menzionati negli Statuti manfrediani;
2) La consegna del drappo del Palio sul sagrato della cattedrale da parte del vescovo.
In quest’ultimo caso, si ebbe una completa rivoluzione della conclusione del Palio, in quanto, in precedenza, la premiazione avveniva in campo. Poiché il pubblico si riversava subito fuori, lungo la strada, per aspettare l’uscita dei rioni in corteo, la cerimonia di premiazione era vuota, creando così uno scollamento con il pubblico. Con l’introduzione della premiazione sul sagrato della chiesa (il drappo del Palio non è più presente in corteo, ma conservato all’interno della cattedrale a partire dalla cerimonia del dono dei ceri), il pubblico aspetta in piazza, in un crescendo di pathos. Questo cambiamento si riflette anche nel rapporto più intimo che ora il pubblico intrattiene con i figuranti, mentre inizialmente il primo era vincolato alle tribune.
Il Palio è l’unica giostra il cui risultato viene affidato a una macchina. Nel corso del tempo, quest’ultima si è affinata nei termini della sicurezza per i cavalieri. Con la Normativa Martini del 2011, la pista da corsa per il Niballo è stata migliorata per tutelare la sicurezza dei cavalli. La tipologia di corsa del Niballo, detta anche alla faentina, è quella più diffusa insieme alla corsa in lizza o quintana, al punto che altre zone d’Italia la imitano (ad esempio, la corsa dell’otto di Narni).
Bibliografia
Primo Solaroli, "Niballo, il Palio di Faenza", Faenza, Stabilimento Grafico F.lli Lega, 1970.
Giuseppe Dalmonte, "Feste giostre e corse al Palio in Romagna. Dagli antichi palii medievali alle prime corse al trotto", Faenza, Stampa Offset Ragazzini, 2018.
Aldo Ghetti - Pietro Compagni, "Progetto per i nuovi costumi del Rione Giallo", Faenza, Stampa Offset Ragazzini, 2000.
AA.VV. (Comune di Faenza), "Regolamento Generale per il Niballo – Palio di Faenza e manifestazioni collaterali", Faenza, Stabilimento Grafico F.lli Lega, 2014.
Oggetti significativi
Ciascun rione, come anche riportato nella relazione conclusiva della seconda fase del progetto, è caratterizzato dalla presenza, più o meno strutturata (nel caso del Rione Verde, il progetto non è ancora stato realizzato), di musei rionali, anche se spesso non vengono considerati dai rionali come musei, ma piuttosto come spazi espositivi all’interno dei quali assemblare la memoria di contrada attraverso la conservazione dei costumi più antichi, dei pali e di altri premi vinti e fotografie relative a personaggi di spicco del rione, insieme alle dame che hanno sfilato anno per anno. A questi musei rionali si accompagna un’attività di ricerca storica che sostiene la realizzazione di nuovi costumi per il corteo. Da notare, inoltre, come spesso l’attività sartoriale ha sperimentato la sostituzione dell’artigianalità con le commissioni a sartorie specializzate, a causa del mancato ricambio generazionale con la morte delle sarte storiche rionali. All’interno delle famiglie che hanno una consolidata storia rionale, vi è la consuetudine di conservare ricordi materiali legati al Palio e al rione. Per esempio, una ragazza del Rione Giallo ha dichiarato che a casa sua è conservata la chiarina suonata in passato dalla zia e che ciascuno ha scatole di ricordi che si differenziano tra di loro a livello soggettivo e generazionale.
A livello di patrimonio materiale e delle modalità attraverso cui viene rinnovata l’eredità delle edizioni passate del Palio è sicuramente importante come testimonianza documentale e antropologica il “Progetto per i nuovi costumi del Rione Giallo” (Ghetti e Compagni 2000), redatto da Aldo Ghetti e illustrato da Pietro Compagni. Nella pubblicazione viene riportato il compromesso tra l’identità rionale e le richieste di filogicità da parte della Deputazione Palio, stabilito attraverso una ricerca storica sulle fonti archivistiche e iconografiche esistenti a Faenza o in altre parti d’Italia. Infatti, il Regolamento del Niballo recita in questo modo: “I Rioni hanno l’obbligo di comporre la propria comparsa rionale in base a studi e ricerche storiche tese a ricostruire tramite la realizzazione dei costumi, rappresentazioni di momenti di vita e gesta rionali della Faenza del XV secolo, negli aspetti militari, civili e di organizzazione sociale” (Ghetti e Compagni 2000: 5).
Rispetto a questa richiesta, bisogna tenere presenti tre pilastri identitari del rione: 1) la prevalenza di personaggi militari e con solo la dama come figura femminile; 2) la presenza della famiglia Manfredi; 3) le corazze sono nere, in quanto ispirate al XVI secolo, periodo storico scelto per il Niballo negli anni Sessanta.
Vista l’incongruenza cronologica, si è deciso di datare il corteo sul finire del XV secolo. Di conseguenza, anche il riferimento alla famiglia Manfredi è stato riadattato alla datazione e alla vocazione militare del rione. A questo scopo, si sono scelti gli episodi dell’assassinio di Galeotto Manfredi, dell’episodio di Diamante Torelli, che, secondo la leggenda, difese Faenza dall’assalto di Cesare Borgia nel 1501, e la fine della signoria di Astorgio III Manfredi. Inizialmente, il corteo storico, utilizzato in chiave di corte nuziale, in quanto era consuetudine indire manifestazioni pubbliche caratterizzate dall’ostentazione della forza militare. In particolare, il corteo del Rione Giallo prende spunto dalle nozze tra Carlo II Manfredi e Costanza Varano (1471) e tra Galeotto Manfredi e Francesca. Successivamente, il corteo si è allargato a tutta la dinastia manfrediana senza legarla a un episodio specifico, percorrendo il periodo che va da Galetto ad Astorgio III.
Ogni costume del rione è stato realizzato prendendo spunto da un quadro d’epoca in aree limitrofe, come Ferrara, Ravenna, Bologna, ma anche Mantova (Palazzo Schifanoia) e Firenze, in quanto accomunate da una vita cittadina similare. In particolare, con la seconda metà del 1400, si ha un periodo “in cui le rappresentazioni pittoriche e scultoree conquistano il ruolo di fonti storiche affidabili” (Ghetti e Compagni 2000: 11).
Aspetti immateriali
La ricercatrice ha potuto verificare come ogni rione abbia un inno o un motto a esso associato che costituisce una base identitaria forte. Altro elemento patrimoniale a livello immateriale è rappresentato dall’insieme di leggende orali legate alle scorrerie saracene, dalle quali deriva il termine Niballo: “Come in altre aree della Romagna, grazie ai racconti orali, tramandati durante i mesi invernali nelle stalle, era infatti rimasta in città la memoria delle scorrerie saracene provenienti dal mare ed in particolare del fratello di Annibale, Asdrubale, che saccheggiò la città di Faenza prima di venire sconfitto sul Metauro” (dalla scheda EVE RSVG0256). Le identità rionali vengono spesso motivate dalla memoria delle rivalità con gli altri rioni (la rivalità maggiore si è storicamente avuta tra il Rione Rosso e il Rione Giallo), come ad esempio l’episodio in cui il Rione Giallo pitturò di giallo una sfera in sommità del campanile per segnalare la sua supremazia, oppure episodi di violenza riportati nelle cronache medioevali in occasione della Festa del Drago. Altri racconti orali tramandati e che cementificano le identità rionali sono ascrivibili alla separazione del Borgo Durbecco (l’unico rione, infatti, a non contenere la parola “Rione” nel suo nome) rispetto al resto di Faenza: i faentini dentro le mura spesso descrivono i rionali del Borgo Durbecco come “forlivesi” e li associano a persone di malaffare sulla base del fatto che, in epoca medievale, il Borgo costituiva una zona di sosta per viandanti (così come per pellegrini), rappresentando, quindi, una minaccia per l’interno delle mura.
Criticità
Aldo Ghetti, parte della Deputazione Palio ed ex maestro di campo che ha avuto e ha tutt’ora un ruolo attivo nel coordinare i rioni nella scelta dei costumi e nell’organizzazione del corteo, ha evidenziato come il Palio del Niballo esprima un delicato equilibrio tra la spettacolarizzazione e la rievocazione storica. A differenza dei ricostruttori storici, i rievocatori devono colpire l’immaginario collettivo rispondendo al bisogno di spettacolarità. Di conseguenza, si devono adottare dei compromessi e delle forzature a livello storico, come il reperimento di materiali (tessuti ecc.) non completamente filologici e rispondenti alle esigenze di budget dei rioni, ma anche, soprattutto, la creazione di corti aristocratiche all’interno degli stessi rioni. Certamente, non tutti i rioni potevano vantare, storicamente, delle corti aristocratiche e, al contempo, il numero degli aristocratici era nettamente inferiore al resto della popolazione.
La pressione data dalla spettacolarizzazione del Palio è ulteriormente incentivata, secondo alcuni membri del Rione Nero, dalla presenza televisiva durante il Palio (il Palio ora è sempre trasmesso in diretta streaming da Teleromagna). Ad esempio, un anno in cui la RAI ha seguito il Palio, vi sono state critiche sulla mancanza di commercialità del Palio in quanto avente tempistiche lunghe e dilatate che non corrispondono invece ai tempi di intrattenimento della TV.
Un altro fattore di criticità, individuato sia da Ghetti che da alcuni membri del Rione Nero, è la difficoltà di coltivare un vivaio di fantini faentini. L’autoctonicità dei fantini sarebbe indispensabile per sviluppare e mantenere un senso di appartenenza ai rioni e al Palio. Il fantino, infatti, deve giurare la sua fedeltà rionale in piazza. Quest’anno il Palio è stato vinto da un cavaliere esterno ed ha segnato una cesura rispetto agli anni scorsi, in quanto finora i fantini esterni coprivano soltanto le carenze delle scuderie rionali. Tuttavia, se l’equitazione rionale rientra tutt’ora in un’attività volontaria che si basa sul tempo libero dei fantini, è complesso portarla avanti in senso agonistico. Se i fantini esterni lo fanno di mestiere, potendosi allenare ad alti livelli agonistici tutto l’anno, non riescono però a condividere e cementare il livello emozionale dei rionali. I rioni e la Deputazione Palio stanno quindi riflettendo su come strutturare e migliorare la situazione delle scuderie.
Come si è detto, i rioni costituiscono un bacino attrattivo per i corsi per musici e sbandieratori. Tuttavia, senza un riconoscimento sportivo ufficiale degli sbandieratori, si ha una situazione di precarietà all’interno della competizione con altri sport giovanili come il calcio. I rioni, al contempo, essendo APS non possono autonomamente promuovere attività commerciali all’interno del Palio per autosostentarsi, a meno di creare un sottogruppo autonomo rispetto al discorso Palio, come nel caso del Rione Verde.
Come si è già visto nella sezione dedicata alla trasmissione, vi è anche la difficoltà di portare avanti la tradizione della sartoria rionale, sia per mancanza d’interesse da parte delle generazioni più giovani, sia per il livello di spettacolarità e di filogicità richiesto, che rende difficoltoso il reperimento dei materiali e il loro confezionamento, se non in ambito professionistico.
Un’altra problematicità che ha sottolineato Aldo Ghetti è la sicurezza nello stadio dove si disputa il Palio, anche se la normativizzazione e la messa in sicurezza dello stesso sono obiettivi di lungo periodo rispetto agli altri elementi di criticità riscontrati.
Misure di valorizzazione
Come si è visto nelle sezioni sul patrimonio materiale e sulla trasmissione, ogni rione ha messo in atto dei dispositivi interni per valorizzare la memoria rionale sia all’interno del rione, sia all’esterno, con visite guidate agli spazi espositivi per le scuole durante l’anno e per altre tipologie di visitatori durante il mese del Palio. A queste attività si accompagnano le iniziative di trasmissione della memoria del Palio nelle scuole.
Si vogliono menzionare in questa sezione tre specifiche iniziative di valorizzazione. Come si può constatare anche nella scheda EVE della Sagra del Pellegrino del Rione Rosso, quest’ultimo ha realizzato nel corso del tempo diverse esposizioni legate a personaggi storici chiave che abitavano nel Rione. Nell’aprile del 2022, in occasione di un convegno a ricordo di un cavaliere del Rione Rosso che è venuto a mancare, è stata inaugurata una mostra sull’inno del rione, realizzato dal direttore dell’Orchestra Reale di Svezia, anch’egli faentino. Il Rione Rosso ha reperito gli spartiti attraverso la Biblioteca di Faenza.
La seconda iniziativa è, invece, a opera del Rione Verde, il quale aveva organizzato la pubblicazione di un libro sulla storia del Palio attraverso le memorie dei rionali in occasione del sessantesimo anniversario del Palio, nel 2019. A causa di spaccature all’interno dei singoli rioni, ad eccezione del Rione Giallo che aveva dato la sua disponibilità, il libro non si concretizzò, incentrandosi unicamente sul Rione Verde. Quest’ultimo ha fondato la cooperativa Accademia Medioevale nel 1985, un’associazione sganciata dalla realtà del Palio e di tipo commerciale. In quanto il Rione è APS, attività di questo tipo non possono essere condotte se non distaccandosi dalla realtà del Palio. L’Accademia Medioevale realizza ricostruzioni medioevali, in particolare convivi, all’interno di eventi diplomatici e culturali in paesi esteri (come l’India e la Cina) o in iniziative all’interno della struttura del rione, come, ad esempio, cene medioevali per un gruppo di Lions ospiti del teatro Fellini. Il Rione Verde, a sua volta, ospita un bed and breakfast al suo interno. L’Accademia ha partecipato a eventi internazionali come il Pavarotti International. Per quanto queste attività siano separate, anche cronologicamente dal Palio, utilizzano tecniche rievocative affinate con il Palio e, sicuramente, contribuiscono a far conoscere il rione all’esterno. Altro sotto-gruppo del rione sono i dolciniani, i quali hanno lo scopo di spiegare i cibi e le granaglie utilizzate all’epoca dei Manfredi all’interno della cornice di una antica tintoria, parte delle architetture in gestione dal Rione Verde. Altro spazio architettonico utilizzato dal rione per le visite guidate è la ghiacciaia del tardo Settecento all’interno del parco vicino alla sede rionale.
La terza iniziativa è rappresentata dalla partecipazione di una delegazione di sbandieratori, ciascuno rappresentante un rione, alla cerimonia d’inaugurazione dei Mondiali di Calcio in Qatar, iniziativa messa in atto dallo sbandieratore Gorini, allenatore di sbandieratori in vari rioni faentini e ora affiliato con il Rione Rosso. La delegazione di sbandieratori aveva già partecipato a iniziative simili a Dubai, come nel 2014 per la Supercoppa. L’esibizione degli sbandieratori faentini ha avuto molta risonanza da parte dei mass media italiani, in quanto unica rappresentanza italiana presente ai Mondiali. L’iniziativa ha quindi contribuito a esporre il Palio a livello massmediatico.
Misure di salvaguardia
Come si è visto nella sezione storico-critica, nel 1988 il Comune di Faenza ha inserito il Palio nel suo bilancio annuale e, nel 2003, ha concesso gratuitamente le sedi rionali. Nel 2005, si fonda a Faenza l’Associazione Emilia-Romagna Rievocazioni Storiche (AERRS). Tuttavia, l’AERRS non è stata riconosciuta dalla Regione come figura di coordinamento tra le istanze regionali e quelle delle singole rievocazioni storiche, pur avendo promulgato una legge di sostegno alle rievocazioni nel segno dell’implementazione costumistica. Se l’AERRS ha assunto sempre più una figura coordinativa, allargando a più rievocazioni storiche e dotandosi di un direttivo, il suo mancato riconoscimento regionale fa sì che si interfacci unicamente con le singole manifestazioni. Con la legge regionale a sostegno delle rievocazioni storiche nella loro implementazione costumistica nel 2017, è sempre più stato necessario un organismo terzo che filtra tra le istanze dei gruppi storici e quelle regionali.
Questo quadro frammentario e, al contempo, il ruolo assunto dai rioni come APS fanno sì che si abbiano singole iniziative di salvaguardia e valorizzazione, senza però che siano strutturate e coordinate tra loro. Ad esempio, vi è una disomogeneità tra rioni in termini di sviluppo del gruppo musici e sbandieratori, così come di attività didattiche con le scuole (alcuni rioni non hanno scuole nei pressi).
Protagonisti
A livello identitario, i faentini (circa il 90% secondo un sondaggio) indicano il Niballo, insieme alla produzione della ceramica, come l’elemento primario, distintivo e identitario di Faenza. Tuttavia, solo il 10% della popolazione ha parte attiva all’interno dei rioni e le stesse élite intellettuali faentine, secondo Aldo Ghetti, non considerano il Palio come un evento culturale d’alta qualità.
All’interno dei singoli Rioni, l’elemento identitario e sociale rionale e della storia del Palio è particolarmente forte. All’interno del Rione Rosso, la trasmissione dell’appartenenza rionale è regolata da una ritualità specifica, che delimita in modo chiaro l’essere parte del rione rispetto all’esterno. È stato raccontato, nel corso di un’intervista di gruppo, come persino le relazioni sentimentali con giovani appartenenti a rioni diversi siano fonte di conflitto all’interno del rione e non sono vissute positivamente dai rionali. Lo sposarsi con un non-rionale o con un rionale di un altro rione viene percepito come la ragione principale per la quale un rionale possa distaccarsi dal Rione Rosso e, quindi, è fortemente disincentivato da parte di alcuni genitori di fede rionale. Il rituale adottato per affiliare un nuovo membro al rione, sia un figlio di rionali o un esterno (adulto) che vuole associarsi, viene chiamato battesimo e avviene ogni due anni a partire dagli anni Sessanta. Il capo rione, durante la cerimonia, consegna una pergamena di ufficializzazione dell’entrata nel rione e un fazzoletto con lo stemma e i colori dei rioni. La cerimonia viene definita come “un legame di sangue vincolante.”
Chiaramente, con un cerimoniale di questo tipo, l’accento posto sul valore della trasmissione della passione rionale è particolarmente forte. Si ha un processo di trasmissione di un codice comportamentale, mediante il quale valorizzare l’orgoglio e l’appartenenza rionale, anche durante la preparazione delle ragazze che indosseranno i panni delle dame del rione. La dama, infatti, viene considerata la figlia del signore al quale fa capo il rione e, quindi, viene vissuta dai rionali come estremamente identitaria. L’indossare il costume da dama in un certo modo è, a sua volta, un elemento rivelatore dell’attaccamento della dama al rione, come sostenuto da una ragazza del Borgo Durbecco che ha indossato i panni della castellana: “L’orgoglio se sei rionale si vede quando fai la dama.” È quindi un alto momento emozionale per chi assume questo ruolo. La selezione della dama, quindi, oltre a valutare la rispondenza tra l’aspetto fisico e l’ideale di bellezza femminile dell’epoca rappresentato nei quadri, si basa anche sul comportamento e la partecipazione alla vita rionale. Questa valutazione è parte dell’ethos di alcuni rioni, come il Rosso, ma non è necessariamente la prerogativa di tutti i rioni, come il Verde, dove spesso la dama non è stata una rionale.
In alcuni rioni (Rione Nero e Rione Giallo soprattutto), vi è un livello di consapevolezza e criticità nei confronti sia del senso di appartenenza rionale tra i cittadini faentini, sia dell’atteggiamento delle nuove generazioni nei confronti del Palio e dei rioni. Per quanto vi sia una larga partecipazione di pubblico faentino nei giorni chiave del Palio, i rioni non sono più visti come spazi di aggregazione e socialità come un tempo. I giovani frequentano il rione nella misura in cui quest’ultimo offre i corsi per musici e sbandieratori, ma poi non utilizzano il rione per incontrarsi al di fuori dei corsi. Vi sono, naturalmente, le eccezioni rappresentate da giovani le cui famiglie hanno una storia rionale radicata o, come nel caso del Rione Rosso, vi sono dei cerimoniali in cui è enfatizzata la fedeltà e l’appartenenza rionale. Tuttavia, i giovani non vedono il Palio al di fuori della cornice di spettacolarità del mese di maggio.
All’interno dei singoli rioni, inoltre, vi sono delle contrapposizioni tra vecchie e nuove generazioni rispetto, per esempio, alla suddivisione dei ruoli di genere: molte ragazze avrebbero lamentato il fatto di non poter sfilare se non all’interno del ruolo della dama o di non poter fare il rotellino (ovvero la figura che coordina il corteo). I rioni si sono dotati delle nuove figure delle vivandiere (che portano acqua agli altri figuranti del corteo) come forma di compromesso. Per quanto nessuno dei rionali intervistati l’abbia esplicitamente dichiarato, si può dire che le regole non scritte del corteo possano in parte contribuire a creare una dicotomia tra il rione e l’esterno per le giovani generazioni. I singoli rioni si sono quindi dotati di attività ludiche di attrattiva giovanile (come nel caso del Rione Giallo) per poter portare i giovani all’interno del rione senza necessariamente enfatizzare l’appartenenza rionale. Al tempo stesso, si è costituito un gruppo giovani che riunisce tutti i rioni faentini allo scopo di creare eventi che possano aggregare i giovani faentini.
Apprendimento e trasmissione
Quello che accomuna tutti i rioni, secondo modalità più o meno rigorose e standardizzate, è l’idea di trasmettere una serie di comportamenti da attuare durante la sfilata. Questa trasmissione avviene solitamente tra la costumista, la parrucchiera e la dama e non ha semplicemente lo scopo di rassicurare quest’ultima rispetto alla riuscita della sfilata ma anche di impartire delle regole. Le parrucchiere e le costumiste mettono in evidenza come la dama debba rappresentare gli interessi della famiglia nobiliare e, quindi, esprimere ideali di umiltà, nobiltà e purezza che non corrispondono alla voglia narcisista di indossare un abito ed essere al centro dell’attenzione. Altra cura che viene posta è spiegare alla ragazza il portamento da tenere sellando il cavallo.
La trasmissione del sapere del Palio avviene anche in forme maggiormente standardizzate, come nel caso dei musici e sbandieratori. I Rioni, storicamente, non sono omogenei per quanto riguarda la preparazione dei musici e degli sbandieratori: in particolare, il Borgo Durbecco ha detenuto il primato in questo settore. La disomogeneità ha favorito la circolazione di maestri sbandieratori in rioni ai quali non apparterrebbero originariamente. Questo, da un lato, è stato accolto inizialmente con resistenza dai rionali, dall’altro ha significato un miglioramento qualitativo del gruppo sbandieratori e musici di ciascun rione. Nel caso dei musici, invece, il maestro in alcuni casi è diplomato al conservatorio, in altri un autodidatta più esperto.
La conoscenza accumulata da musici e sbandieratori, in particolare quest’ultimi, viene spesso utilizzata come strumento didattico nelle scuole, seppur in modo disomogeneo a causa della distribuzione non uniforme degli istituti scolastici all’interno del territorio faentino. Il Rione Verde, per esempio, conduce dei laboratori, dalle scuole materne in poi, in cui i bambini possono imparare la storia e la memoria legate alle bandiere e ai tamburi, oltre che sperimentarne l’utilizzo. La stessa operazione è condotta dal Borgo Durbecco, il quale, come già scritto sopra, detiene il primato nella categoria musici e sbandieratori. Alcuni ragazzi (preadolescenti e adolescenti) incontrati nel corso della visita della ricercatrice al Borgo Durbecco hanno dichiarato di essersi avvicinati al rione proprio grazie ai laboratori degli sbandieratori nelle ore di educazione fisica. In genere sono gli sbandieratori delle generazioni più anziane a condurre questi laboratori, trasmettendo quindi anche la memoria storica del rione.
Metodo Ricerca
La scheda è stata compilata a partire da interviste semi-strutturate a membri chiave di ciascun Rione. A parte il Rione Verde, dove solo il Capo Rione e tre rionali coinvolti nella realizzazione hanno dato la disponibilità per l’intervista, la ricercatrice ha avuto la possibilità di intervistare, oltre ai Capi Rione o ex Capi Rione, i responsabili del reparto costumi, ragazze che hanno sfilato in corteo come Dame, sbandieratori e musici (ripartiti in maschi e femmine e suddivisi a livello generazionale), con interviste collettive che andavano dai 5 agli 8 partecipanti. A causa della difficoltà (già riscontrata in precedenti interviste di gruppo) di trascrivere in modo preciso gli interventi dei singoli partecipanti e distinguerli dagli altri, la ricercatrice ha preso appunti nel corso dello svolgimento delle interviste allo scopo di reperire in modo più rapido e preciso le informazioni utili per la scheda. Mentre il Rione Rosso e il Rione Verde erano già stati interpellati per la redazione delle schede EVE delle loro rievocazioni autonome, la ricercatrice ha avuto modo di visitare i musei rionali del Rione Giallo, Rione Nero e Borgo Durbecco. La ricercatrice ha partecipato sia alla sfilata e competizione legata al Torneo della Bigorda, sia a quelle previste per il Palio del Niballo. Le interviste sono inoltre state corroborate con un’intervista ad Aldo Ghetti, ora divenuto parte della Deputazione Palio e, in passato Maestro di Campo. La bozza della scheda è stata poi condivisa con ciascun Rione, sia come forma di restituzione, che come forma di revisione interna per eventuali sviste o integrazioni a quanto scritto dalla ricercatrice. Per quanto riguarda alcune sezioni (contestualizzazione geografica-ambientale del Palio e notizie storico-critiche), la ricercatrice si è avvalsa di testi ricevuti in regalo dai Rioni Rosso e Giallo e consultando, su consiglio di Aldo Ghetti, il testo del 1970 di Primo Solaroli, oltre a fonti web accreditate (in particolare il sito della Pro Loco di Faenza). Nel caso in cui vi fossero dati utili alla ICH che ripetevano quanto già sviluppato dalla scheda EVE, la ricercatrice ha citato i passaggi della scheda mettendo tra parentesi il suo numero di inventario.
Organizzatori
Deputazione per il Niballo
Il Niballo Palio di Faenza è caratterizzato dall’interazione tra più organizzazioni comunitarie e comunali: da una parte i rioni, ora costituiti come APS, dall’altra organismi comunali come il “Centro Civico Rioni”, una scuderia in gestione ai cinque rioni del Palio, la cui sede è stata concessa al Comune di Faenza in via Sant’Orsola 31, e comprendente cavalli, cavalieri, maestri di scuderia e volontari rionali che si occupano dei cavalli e dell’accompagnamento degli atleti nel corso dell’allenamento. Nel 2017, il “Centro Civico Rioni” è entrato a fare parte del FISE (Federazione Italiana Sport Equestri). La gestione delle scuderie e dello stadio Bruno Neri nel periodo del Palio è in mano alla Cooperativa Manfredi, nata nel 2015, costituita da due rappresentanti di ciascun rione e da un consiglio d’amministrazione di cinque persone, allo scopo di favorire la cooperazione tra le varie realtà rionali. A coordinare il Palio da un punto di vista scientifico e in diretto dialogo con l’Amministrazione comunale è la Deputazione per il Niballo, che presiede alla valorizzazione della ricerca storica delle tradizioni cittadine, non necessariamente ascrivibili alle attività equestri. Al suo interno, vi è il Maestro di Campo, il Magistrato dei Rioni (il sindaco di Faenza) e tre membri di nomina del Consiglio degli Anziani. Stando al Regolamento del Palio (2014): “4.2. - Alla Giunta comunale in carica, riunita in qualità di Consiglio degli Anziani, compete l’applicazione delle disposizioni contenute nel presente Regolamento Generale, dedicando allo scopo le necessarie sedute ordinarie della Giunta Comunale; mentre è di competenza del Sindaco – Magistrato dei Rioni, di chi per legge lo sostituisce, o dei suoi delegati, tutto quanto gli viene demandato espressamente dal Regolamento Organizzativo.” In parte sovrapponibile alla Deputazione per il Niballo, ma coinvolta unicamente per la realizzazione del Palio, è il Gruppo Municipale, rappresentante la signoria manfreda e che riunisce le autorità che sovrintendono lo svolgimento della gara, ovvero il Maestro di Campo, deputato al disciplinamento del corteo storico, e il Podestà della Giostra, atto a regolamentare le partenze dei cavalli durante la giostra. Oltre alla Deputazione per il Niballo, è da considerare la struttura dei singoli Rioni, da un lato, e l’Associazione (para-rionale) degli sbandieratori e musici. Per quanto riguarda la prima, “Da un punto di vista gerarchico, ogni Rione prevede un Capo Rione (nel caso del Borgo Durbecco, un Priore), due Capitani o Vice-caporione (nel caso del Borgo Durbecco, un Vicario e un Capitano) e sei Consiglieri o Consoli, con diverse mansioni da suddividere, come la cura della contabilità, della cucina o degli spazi museali.” Per quanto riguarda la seconda, “Il Palio ha un’associazione degli sbandieratori e dei musici che riunisce tutti i gruppi rionali. Questi ultimi sono, a loro volta, i soci fondatori della Federazione Italiana Sbandieratori e spesso sono considerati come modelli di riferimento per altri gruppi di sbandieratori in Italia, oltre ad aver vinto numerose competizioni, sia in Italia che all’estero.”
Rione Rosso
“il Rione Rosso, detto "di Porta Imolese", reca nella parte alta dello stemma una scacchiera blu e bianca, richiamando l’emblema della famiglia Accarisi, di tradizione ghibellina e rivale dei Manfredi che risiedeva nel Rione. Il simbolo del Rione, una mano che impugna uno stocco medievale, richiama il fatto che il Rione era stato protagonista di diverse battaglie e scontri nel corso dei secoli, tra le quali la Battaglia di Faenza del 1797, quando le milizie pontificie vennero sconfitte da quelle napoleoniche […]” (EVE RSVG0256). Il Rione Rosso è ricavato all’interno del Baiocco, un complesso monumentale che ospitava, a partire dal 1379, le monache clarisse, per poi divenire prima ospedale, nel 1862, poi caserma (dal 1872 al 1943) e prigione. La struttura attuale risale al rifacimento del monastero tra il 1705 e il 1742. Il Rione Rosso conserva presso il museo rionale tutti i costumi, esposti con una protezione di plastica e non all’interno di teche, mentre le calzature e i cappelli dei musici sono all’interno di ante di armadi collocati nell’ultima sala del museo rionale. È da evidenziare come vi sia una memorialistica relativa a fantini e rionali importanti a livello della storia del rione, permettendo quindi la trasmissione del loro ricordo e la loro importanza per i rionali. I gotti del Rione sono conservati nelle cantine del Baiocco, allestite per le cene rionali. Nel corso dell’intervista ad alcuni membri rionali, il museo rionale è stato proprio definito come il luogo all’interno del quale “i costumi sono esposti come reliquie.” Vi è quindi un’aura sacrale associata a questo luogo e ai singoli costumi. A livello storico, il Rione aveva un calzolaio rionale, oltre alle sarte. Con la sua morte, ora le calzature sono realizzate da un’industria marchigiana.
Rione Verde
“il Rione Verde, sito nei pressi di Porta Montanara, ha come araldica tre colli campeggiati da tre stelle a sei punte. Mentre i tre colli richiamano il collegamento di questa parte della città agli appennini circostanti, le tre stelle hanno sempre simboleggiato in Romagna l’appartenenza ghibellina. In questo Rione, infatti, risiedevano molte famiglie di fede ghibellina, come i Barbavara, i Laderchi, i Sali, i Rondinini e i Severoli. Il Rione ha al suo interno la Rocca, unica fortezza a difesa della città, edificata nel 1371 per poi essere in parte smantellata nel Settecento. In corteo, si ricorda la presenza storica della rocca nelle figure del castellano, del capitano della rocca e degli armati […]” (EVE RSVG0256). La sede del Rione Verde è situata in una parte della chiesa di Santa Maria ad Nives ha origini risalenti al VI-VII secolo e, prima della signoria manfrediana, era collocata fuori dalle mura cittadine. Sono ancora visibili capitelli di tipologia teodosiana attribuibili al VI secolo. La chiesa venne affidata a monaci benedettini e, nella foresteria, trovò la morte San Pier Damiano mentre stava dirigendosi all’eremo di Gamogna nel 1072. Ora la foresteria coincide con una cappella dedicata al santo. Anche il campanile venne dedicato al santo e risale al IX secolo, utilizzando materiali eterogenei e più antichi, anche romani. A seguito dei bombardamenti del 1944, la parte finale del campanile venne ricostruita per assumere l’aspetto originale: nel 1400, infatti, il tetto era stato sovrapposto a una cuspide. L’interno della chiesa risale invece a un rifacimento seicentesco a opera di Bartolomeo Sauli (1655), il quale ne modificò l’orientamento paleocristiano e creando un ingresso monumentale con portico. (https://www.prolocofaenza.it/it/visita-faenza/luoghi/chiese-e-monumenti/chiesa-e-campanile-di-santa-maria-ad-nives/ ). Il Rione Verde è l’unico dei rioni a non aver ancora realizzato un museo rionale. Il progetto allestitivo prevederebbe l’inaugurazione del museo nel 2023, unendo i pali vinti con alcuni costumi “spagnoleggianti”. Quest’ultimi sono sottoposti a un’operazione di selezione: alcuni sono restaurati e riutilizzati all’interno del corteo, altri invece riservati per il museo. Il Rione è, inoltre, impegnato a ricostruire i casati attribuibili al rione e, quindi, incentivare la produzione di nuovi costumi. Ad esempio, i rionali avrebbero determinato i Laderchi come del loro rione, anziché del Rosso, in quanto Palazzo Laderchi è del Settecento, mentre vi sono attestazioni documentarie che comproverebbero la localizzazione dei Laderchi come inizialmente all’interno del Rione Verde. Altra famiglia nobiliare attribuibile al rione è quella del casato Mengolini-Sali, dei quali si ha il monumento funerario conservato al liceo Torricelli.
Rione Nero
“il Rione Nero, detto anche "di Porta Ravegnana", sita a nord di Faenza e comprendente, nel suo contado, il Castello di Granarolo, fatto costruire da Francesco Manfredi nel 1317. All’interno del borgo cittadino, era presente, a partire dal 1491, il Monte di Pietà [fondato in Faenza il 12 Ottobre 1491, voluto dalla predicazione del frate francescano San Bernardino da Feltre; …]. Dal punto di vista dei personaggi storici del Rione, sono da segnalare, invece, le famiglie Cittadini, sostenitrici dei Manfredi, e dei Quarantini (in origine, dei Mazzi). Il simbolo del Rione è il pino marittimo, in rappresentanza del collegamento del rione stesso con la via che conduce a Ravenna” (EVE RSVG0256). Il Rione Nero ha la sua sede Via della Croce, strada che prende il nome dalla “Confraternita della Croce” (compagnia religiosa, con la sua chiesa di fine Quattrocento che sorse con scopi devozionali e assistenziali per i condannati a morte per eresia) che aveva sede di fianco alla Chiesa di San Francesco. I costumi del Rione Nero, realizzati attraverso le competenze tecniche e le ricerche storiche di uno dei suoi fondatori, Alessandro Rivalta, erano stati concepiti attraverso l’osservazione di collezioni d’armi all’interno dei musei tedeschi. Ora, l’intreccio a mano del ferro per realizzare le cotte dei cavalieri sarebbe impensabile, di qui la necessità di rivolgersi a sartorie specializzate. Il mantenimento dei costumi già esistenti e la ricerca di figure idonee per sfilare nel corteo sono a cura, invece, di un gruppo di giovani donne rionali. All’esterno del museo rionale, attrezzato anche come magazzino per i costumi dei musici e sbandieratori, vi sono alcune teche dove sono conversati i gotti utilizzati per la Nott de bisò, oltre che alcuni premi degli sbandieratori. All’interno di una sala riunioni, invece, sono conservati tutti i pali vinti, insieme al liocorno assegnato ogni anno alla migliore figura femminile del corteo il giorno del Palio e consegnato al Rione Nero in diverse occasioni e ai premi per gli sbandieratori. Si ha quindi un “museo diffuso” che si estende a più ambienti del rione.
Borgo Durbecco
“il Borgo Durbecco, che comprende il territorio di Faenza al di là del fiume Lamone, o Rione Bianco, Lo stemma rappresenta il ponte turrito che un tempo collegava il borgo, insieme alle porte che si aprivano nella cerchia muraria del borgo. La sede del Borgo Durbecco è la Commenda dei Cavalieri Gerosolomitani di San Giovanni o di Malta, adiacente alla chiesa di Santa Maria Maddalena (XI-XII secolo).” La Commenda è uno degli edifici più antichi che non hanno subito interventi di rifacimento e ascrivibili al periodo medioevale faentino e ha come datazione sicura almeno il 1137. La Commenda faceva parte di un complesso che comprendeva l’Ospizio del Santo Sepolcro e che aveva la funzione di ospitare i pellegrini diretti o provenienti dalla Terra Santa. Nel XIII secolo, la Commenda entrò in possesso dei Cavalieri dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme (successivamente di Malta) e venne gestita dai Commendatari o abati. Tra questi spiccò Fra Sabba da Castiglione (1480 – 1554), al quale è stata dedicata la piazza adiacente. Fra Sabba era un umanista che coinvolse diversi artisti, tra i quali Girolamo da Treviso e Francesco Menzocchi(https://www.prolocofaenza.it/it/visita-faenza/luoghi/chiese-e-monumenti/chiesa-della-commenda-e-chiostro/ ). Il museo rionale del Borgo Durbecco conserva al suo interno anche le chiarine utilizzate nelle prime edizioni del Palio e i costumi legati a quel periodo chiaramente identificabili da legende stampate su carta. La caratteristica principale di questo rione è il recente lavoro di inclusione di fisicità più massicce per la figura della castellana. Il costume della dama, infatti, era stato confezionato con le misure di una ragazza molto esile, escludendo quindi le ragazze che non rientravano in un range corporeo così ristretto. Data l’importanza del costume da dama, non sono stati apportati dei cambiamenti, mentre, per quanto riguarda la cortigiana, si è cercato di essere maggiormente inclusivi, specie da quando nel reparto costumi è entrata una ragazza che riveste anche le funzioni della “rotellina.” Si tratta quindi di un caso molto particolare che si inserisce nel solco di una tradizione più rigida, che prevedeva la figura del rotellino (colui che si occupa dell’andamento della sfilata) come prettamente maschile. Secondo la ragazza, durante una conversazione semi-informale, il fatto che lei fosse la ragazza di uno sbandieratore le ha permesso di ottenere maggior credito all’interno del rione e, quindi, poter innovarne alcuni elementi dall’interno. Il Borgo Durbecco è, inoltre, caratterizzato dalla presenza di un gruppo di giovani sartine, le quali si dedicano prevalentemente al rammendo delle bandiere e al mantenimento dei costumi, anche attraverso un laboratorio di cucito erogato dal rione e svolto nei locali dell’adiacente parrocchia di Sant’Antonio. Al di là di queste iniziative, il progetto dei costumi, una volta che è stato approvato dalla Deputazione Palio, viene affidato interamente a una sartoria di Urbino.
Rione Giallo
“il Rione Giallo, detto anche "di Porta Ponte", che accoglieva chi proveniva da Borgo Durbecco, e che è alla sinistra dei fiume Lamone e Marzeno […]. I simboli del Rione Giallo sono infatti legati alla famiglia Manfredi, a cominciare dalla torre con merli guelfi, per concludersi con il simbolo dei Manfredi, un liocorno con il corpo da leone e la testa da capra di uno specifico Manfredi, che viene portato in corteo da un paggio che precede il Capo Rione” (EVE RSVG0256). Il Rione Giallo è ubicato all’interno di quelli che, nel XVIII, erano la stalla e il granaio di un palazzo. A poca distanza dalla sede rionale, svetta il convento dell’ordine delle monache di Sant’Umiltà, la santa faentina che ebbe i natali all’interno del Rione Giallo come esponente dalla famiglia dei Negusanti. I costumi del Rione Giallo si costituirono, nelle prime edizioni, attraverso l’osservazione di materiale iconografico contenuto all’interno di musei, sia in Italia che all’estero. Sono quindi caratterizzati dall’artigianalità. La sede del Rione, palazzo. A poca distanza dalla sede rionale, svetta il convento dell’ordine delle monache di Sant’Umiltà, la santa faentina che ebbe i natali all’interno del Rione Giallo come esponente dalla famiglia dei Negusanti. I costumi del Rione Giallo si costituirono, nelle prime edizioni, attraverso l’osservazione di materiale iconografico contenuto all’interno di musei, sia in Italia che all’estero. Sono quindi caratterizzati dall’artigianalità. La sede del Rione, inoltre, ha un’intera stanza dedicata all’esposizione delle foto di tutte le dame che hanno sfilato nelle varie edizioni del Palio. Vi sono inoltre aneddoti legati a ciascun costume e armatura esposti. In particolare, un’armatura di cavaliere a cavallo era stata forgiata per un rionale particolarmente piccolo ed è quindi molto difficile da indossare per i figuranti successivi, soprattutto sotto le temperature inclementi del giugno faentino. Un giorno, un figurante che la indossava svenne all’interno dell’armatura, facendo quindi capire la pericolosità della stessa se la corporatura del figurante non è adatta. L’artigianalità del prodotto non è più avvicinabile nel periodo contemporaneo del Palio, al punto che il Rione Giallo si è rivolto alla sartoria del Teatro Regio di Parma per i costumi.
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