La mattina del 13 luglio i figuranti si incontrano nei pressi della Cantina Sociale di Villamagna, all’esterno del paese (dove la tradizione vuole che i turchi fossero accampati) e partono in corteo, preceduti da un gruppo di tamburini, lungo via regina Margherita. Arrivati in località La Croce il gruppo, che rappresenta i contadini di Villamagna, affronta una prima incursione dell’esercito ottomano: vengono accesi dei fuochi e il gruppo è respinto dalla prima apparizione della santa, impersonata da una giovane del paese. Il gruppo procede, i turchi retrocedono e si riorganizzano, formando un drappello più numeroso; figura centrale di questa parte della rievocazione è lo “spione”, un personaggio mandato all’avanguardia per controllare la situazione. A questo punto, poco più avanti lungo via Regina Margherita, viene messa in scena una seconda incursione; anche l’apparizione della santa fa retrocedere il gruppo degli invasori.

Dopo questo secondo tentativo di incursione fa il suo ingresso nel corteo un gruppo di contadini che, tronando dai campi, hanno notato l’avanzata dell’esercito ottomano. Si inscenano momenti di fuga della popolazione, mentre l’esercito invasore, questa volta al completo, tenta una terza incursione; il gruppo è preceduto da una decina di cavalieri, guidati dal comandante Palì Pascià. I turchi raggiungono la porta del paese (Porta Vittorio Emanuele, meglio nota come Porta da Capo), dove si manifesta ancora una volta la santa: in questa terza apparizione la santa si mostra dietro a una trave infuocata. È, questa, la parte più intensa della rievocazione: gli invasori crollano a terra tremanti, i cavalli fuggono.

Infine, i soldati di Palì Pascià depongono le proprie armi alla porta del paese e arrivano con i cavalli davanti alla chiesa di Santa Maria Maggiore, dove nel frattempo il gruppo dei contadini si è rifugiato per pregare. I saraceni entrano in chiesa e si convertono, donando alla statua della santa un ramo di palma intrecciato con piume di pavone, come simbolo della loro conversione.

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